Venerdì scorso si è svolta la più famosa maratona di sconti che dall’America si è poi diffusa in tutto il mondo: il Black Friday. Il Venerdì Nero è successivo ad un giovedì di Novembre, il quarto per la precisione, festeggiato ufficialmente negli Stati Uniti dal 1789. Da quando il primo presidente, George Washington, proclamò una giornata nazionale di ringraziamento.
Ma ringraziamento per cosa?
Per saperne qualcosa di più bisogna andare parecchio indietro nel tempo, quando, nel 1621, un gruppo di Padri Pellegrini perseguitati in patria per le idee religiose troppo integraliste, decise di abbandonare l’Inghilterra, per raggiungere le coste del Nord America. Decimati dal viaggio e con l’inverno alle porte, organizzarono la semina di quanto portato dalla madrepatria sulle nuove terre che li ospitavano. Il raccolto, però, non andò come sperato e la metà del gruppo morì di stenti, gettando un’ombra sinistra sul loro nuovo futuro. Un gesto di fratellanza cambiò ogni cosa perché gli abitanti di quei luoghi indicarono agli stranieri le piante da coltivare e gli animali da allevare.
E fu un tripudio di granturco e tacchini che i Pellegrini non poterono ignorare; anzi l’abbondanza di frutti e pennuti fu tale che non poterono fare a meno di festeggiarla, insieme ovviamente ai loro amici indigeni.
Bella conclusione, mi son detta, per una storia cominciata con un bel po’ di morti sul campo ed invece grazie alla solidarietà umana, finisce in un ringraziamento a Dio per quanto ricevuto, che si trasmette nei secoli fino ai giorni nostri.
Ed invece no, qualcuno doveva guastare la festa, proprio quando la festa da privata diventò pubblica. Nel 1676 il governatore di una contea del Massachusetts, aveva deciso di indire un giorno di ringraziamento per la buona sorte della comunità e fin qui tutto bene, ma lo stesso giorno servì per celebrare la vittoria contro gli "indigeni pagani", cioè gli stessi nativi americani, senza l’aiuto dei quali i Pellegrini probabilmente sarebbero morti di privazioni.
Erano passati solo cinquant’anni da quel gesto tanto nobile, eppure qualcuno è riuscito a farne motivo di rivalsa contro coloro che l’avevano compiuto.
Noi, i posteri che continuano a festeggiare con menu ricchi di tacchini, granturco ed altri frutti della terra che il buon Dio donò ai Padri Pellegrini secoli prima, non possiamo dimenticare ciò che venne compiuto in quei luoghi.
Un segno di umana solidarietà verso degli stranieri che fuggono da persecuzioni in atto nella loro madrepatria. La storia si ripete, sempre. Anche la solidarietà dovrebbe.
Io, ogni volta che vedrò il tripudio in onore dei tacchini, il quarto giovedì di Novembre, mi fermerò a riflettere su quel gesto. Voglio farlo diventare uno dei buoni esempi da seguire.
Quale simbolo migliore, se non un grande, ingombrante tacchino.
Non passa inosservato, proprio come dovrebbe essere per i gesti nobili.
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