giovedì 10 dicembre 2015

Signora, se non cederà il suo posto, sarò costretto a chiamare la polizia...

Il bus continua la sua corsa, lenta ma regolare, verso le abitazioni dei suoi passeggeri. Una di loro, Rosa Parks, torna dal suo lavoro di sarta; i piedi stanchi e doloranti le ricordano impietosi la pesantezza della giornata. Le sembra di trovare un certo conforto nell’abbandonare senza remore il suo corpo su quel sedile. Il paesaggio continua a scorrere al di fuori del finestrino, mentre la stanchezza si attenua lentamente.  Sembra una serata come tutte le altre, ma quello che accadde di lì a breve, deviò grandemente l’andamento degli eventi futuri. 

L’autista ferma il pullman, si alza e si avvicina alla signora Rosa Parks: “Signora, non può occupare questo posto. Deve alzarsi, sono posti riservati…” indicando un signore che attendeva per prendere il suo posto. Siamo nell’anno 1955 e in Alabama vige la segregazione razziale. Rosa Parks, cittadina di colore deve cedere il proprio posto, ad un cittadino bianco, nel settore comune, quando sono terminati in quello a loro riservato. 

L’autista sta aspettando che lei si attenga alla legge, ma Rosa con un cenno del capo, breve ma deciso, si rifiuta, per poi voltarsi nuovamente verso il finestrino.
“Signora, non glielo chiederò una seconda volta, deve alzarsi subito. Se non lo farà, sono costretto a chiamare la polizia!”. Potrebbero essere stati proprio questi i dialoghi di quel 1° dicembre 1955, a Montgomery, perlomeno dalle fotografie scattate io li ho immaginati così. 

Come era prevedibile, Rosa da quel sedile non si alzerà, fino a quando i poliziotti non la preleveranno dall’autobus per portarla in carcere. La storia era già cambiata. Le proteste dei giorni successivi furono così pesanti ed estese che nel 1956 la Corte Suprema dichiarerà incostituzionale la segregazione sui pullman pubblici dell’Alabama. 

Il pastore Martin Luther King impegnato a decidere con la comunità afroamericana le azioni da intraprendere dopo il suo arresto, disse di lei: “l'espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà”.

Sono passati 60 anni da quel giorno e 10 da quando Rosa Parks ha lasciato questa Terra, e tutti noi continueremo a parlarne e a ricordare. Perché lei fa parte della categoria delle persone senza tempo, di coloro che mettono in gioco sé stessi quando la posta in gioco è altissima, di quelli che l’unica arma che imbracciano è il loro infinito, dignitoso, disarmante coraggio. 

Grazie Rosa Parks a nome di tutti quelli che come te credono nell’uguaglianza dei diritti, perché come disse Martin Luther King tu hai agito in nome di una “sconfinata aspirazione delle generazioni future.” 


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