domenica 6 dicembre 2015

Un serio problema che avanza nel disinteresse generale. Eppure...


Eppure, prima o poi, potremmo arrivare ad un punto di non ritorno. E non sarà meno pericoloso dell’autodistruzione che abbiamo deciso di avviare tramite le decapitazioni, i bombardamenti, le mitragliate ammazza folla e quanto di più altamente distruttivo ci verrà in mente di volta in volta. In questi casi la fantasia non ci manca e abbiamo anche sempre pronto più di qualche aguzzino che sfodera una soluzione in grado di mostrare la forza, a scapito di tante vite incolpevoli. 

C’è un problema di cui i giornali parlano solo in occasioni di catastrofi che non possono fare a meno di ignorare, e che la maggior parte delle persone tratta come una di quelle questioni fastidiose delle quali si può decidere di disinteressarsi. Questi giorni se ne sta discutendo a Parigi in una conferenza mondiale, di cosa è presto detto. 

La comunità scientifica si è espressa chiaramente nell’indicare che sarebbe il caso di non superare la soglia dei 2°C di riscaldamento rispetto all’epoca preindustriale.” A noi 2° in più o meno di temperatura sembra un niente, ma la natura è fatta di equilibri e le attività dell’uomo sulla Terra li sta rompendo forse per sempre. Gli impatti potrebbero essere molto pesanti e creerebbero una situazione da cui difficilmente potremmo tornare indietro, appunto.

Allora decido di farmi un giretto in rete alla difficile ricerca di notizie che possano darmi un’idea di quanto è grave la situazione. 
Cominciando proprio dall’Italia un articolo su Repubblica dice che “L’Italia è il Paese dell'Unione europea che segna il record del numero di morti prematuri rispetto alla normale aspettativa di vita per l'inquinamento dell'aria.” 

Passo poi al disastro ambientale avvenuto in questi giorni in Brasile “Più di 60 milioni di metri cubi di fanghi tossici provenienti da una miniera di ferro hanno raggiunto l’Oceano Atlantico nello stato di Espirito Santo. Migliaia di pesci sono già morti…

Piuttosto intimorita continuo la ricerca di informazioni che mi aiutino a delineare un quadro della situazione ed arrivo ad un articolo di Wired.it dove trovano conferma le mie impressioni sul disinteresse generale a questi fatti, mentre appunto viene data notizia di pesanti incendi in Indonesia “L’aria è talmente inquinata che bastano dieci giorni per ammalarsi, anche indossando una maschera anti-gas. Dite che ignoriamo tutto questo perché l’Indonesia è lontana? Eppure, pare siamo stati noi a provocare tutto questo, per far spazio alle merendine negli scaffali dei nostri supermercati, cioè per produrre olio di palma, e come denuncia Greenpeace sarebbero una ventina le multinazionali indagate.” 

Stremata arrivo all’articolo in cui si parla della Conferenza sul clima nella speranza che i Paesi del globo siano talmente allarmati da tale situazione che si attiveranno in maniera frenetica per cominciare a fare qualcosa, subito. Ed invece ognuno è preoccupato del proprio sviluppo economico e “…rischiamo di avere un accordo che comunque non consentirà di raggiungere l’obiettivo voluto e che, tra l’altro potrebbe risultare anche meno efficace se poi i singoli Stati, lasciati senza obblighi legalmente vincolanti, non faranno ciò che hanno promesso.

L’articolo di Antonello Passini conclude dicendo che l’unica vera soluzione verrà dalla consapevolezza ambientale dei singoli cittadini, gli unici in grado di adottare scelte virtuose dal punto di vista economico e fare pressione sui politici affinché prendano decisioni efficaci. 

L’unico fattore che sembra determinante in tutta questa mala faccenda e che scorre inesorabile, nonostante la costante inerzia, l’imperdonabile negligenza, l’inspiegabile indifferenza è… il tempo. 

Lui no, non ci perdonerà. 











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