domenica 27 novembre 2016

Hasta la muerte e oltre


Rivoluzione è conoscenza del momento storico,
è cambiare tutto quello che deve essere cambiato,
è uguaglianza e libertà piena,
è essere trattato e trattare gli altri come esseri umani,
è emancipare noi stessi e con i nostri propri sforzi,
è sfidare poderose forze dominanti dentro e fuori l’ambito sociale e nazionale,
è difendere i valori in cui si crede a qualsiasi prezzo,
è modestia, disinteresse, altruismo, solidarietà ed eroismo,
è non mentire mai né violare principi etici,
è convinzione profonda che non esiste forza al mondo capace di schiacciare  la forza della verità e delle idee,
Rivoluzione è unità, è indipendenza, è lottare per i nostri sogni di giustizia, per Cuba e per il mondo,
che è la base del nostro patriottismo, del nostro socialismo e del nostro internazionalismo.

Fidel Castro pronunciò questo discorso in un comizio davanti al suo popolo, diffondendo nell’etere parole veramente importanti sia dal punto di vista dell’impegno personale da profondere per non disattenderle che per la seria dichiarazione di principi che le ispirano.

Difficile tenere fede a tanta virtù, ancor meno quando dopo essere usciti vittoriosi da una rivoluzione si decide di tenere il potere nonostante i buoni propositi iniziali. 
Il Condottiero Supremo, figlio di una famiglia benestante, decise di aderire alla politica antimperialista sin dagli anni dell’ateneo, scuole per ricchi che però non influenzano la sua vena di rivoluzionario. 

Capace di ribaltare un governo messo in piedi da un dittatore ed entrare trionfante sul carro insieme a contadini, umili, nullatenenti e tutti quelli che non accettavano l’imposizione di un dittatore, Fulgencio Batista, che privilegiava i pochi ricchi proprietari terrieri. 

Nel momento del trionfo, il lontano capodanno del 1959, dichiara: “Non sono interessato al potere, né prevedo di assumerlo. Tutto ciò che farò è essere sicuro che i sacrifici di così tanti compatrioti non rimarranno invano, qualunque cosa il futuro mi riserverà.”

Ed invece il potere lo assumerà e lo manterrà per tutta la sua esistenza, mettendo in atto politiche atte a diffondere il più possibile la ricchezza, l’istruzione, il livello di sanità,  dando i suoi frutti se si considerano i dati che dicono, per esempio, che il grado di istruzione a Cuba è tra i più alti dell’America Latina o che il tasso di mortalità infantile è tra i più bassi delle Americhe.

E fedele ai principi dichiarati difende i valori in cui crede a qualsiasi prezzo, sia esso l’incarceramento di un dissidente, il suo obbligato abbandono di beni e familiari, la persecuzione di chi non incontra i suoi gusti in fatto di preferenze sessuali, salvo poi rendersi conto di aver esagerato e ammettere un ufficiale dietro front rispetto ai diritti dei gay. 

L’ascesa a quel potere inizialmente snobbato, avviene in un contesto storico di aspra contrapposizione tra Stati Uniti e Russia e lo schieramento filo sovietico pone il popolo cubano in una posizione pericolosa. L’America cerca di eliminarlo fisicamente e non riuscendoci affama il suo popolo con un embargo economico che è una mera violazione dei diritti umani, Fidel però deve tenere fede ai suoi ideali oltre che far sopravvivere una nazione e fa posizionare dei missili nucleari sul suo territorio. 

In questo deprimente teatrino ideologico il popolo cubano sembra non essere più al centro del suo pensiero egualitario ed in una posizione di estrema debolezza fa gravemente le spese di un potere che annebbia la lucidità di pensiero.

Afferma che la rivoluzione è conoscenza del momento storico ed in un controverso, parziale, cambio di rotta, consente, molti anni dopo la rivoluzione, la nascita di alcune imprese private o di migrare da Cuba seppur con alcune limitazioni, trovando il tempo, pur ateo, di incontrare tre papi.

Sono circolate contraddittorie affermazioni circa le sue personali ricchezze, che lui ha puntualmente smentito. Certo, non è che un rivoluzionario debba per forza svestirsi dei suo beni come San Francesco, ma se lo facesse per sentirsi più vicino alla sua gente, si approprierebbe di una unicità che poche persone nella storia possono vantare.

Se la rivoluzione è modestia, disinteresse, altruismo, solidarietà ed eroismo, non capisco perché dopo anni di governo, non abbia deciso di lasciare il posto a qualcun altro scelto da un popolo forgiato da anni di sacrifici e rinunce, quindi pienamente meritevole della sua fiducia. 

E in un estremo, generoso ultimo gesto di amore verso il suo amato popolo, avrebbe dovuto indire libere elezioni, privando suo fratello del potere, tanto per screditare almeno in parte affermazioni come quella di Trump che lo definisce: “Dittatore brutale.”

Mi permetto di aggiungere qualche capoverso a quel mirabile discorso: 

Rivoluzione è farsi da parte, far camminare da solo il popolo cresciuto con i sani principi di solidarietà, altruismo ed uguaglianza, 
Rivoluzione è rinunciare,
Rivoluzione è essere coerente con le proprie affermazioni, sempre.



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