lunedì 27 luglio 2015

Libero mercato o recidivo sfruttamento?


Un paio di mesi fa mi sono immersa nello studio di diversi argomenti di estrema attualità, anzi a dirla meglio, che spiegano le diverse trasformazioni che ha subito il nostro pianeta negli ultimi anni, da differenti punti di vista. Ho aiutato un ragazzo nella preparazione della mappa concettuale per l’esame di terza media e l’argomento che abbiamo scelto di sviscerare è stato quello di Expo 2015.

L’esposizione universale ospitata dalla città di Milano e che ha come tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Dai diversi cibi offerti ai visitatori provenienti da tutto il mondo ad argomenti quali la globalizzazione e lo sviluppo sostenibile il passo è stato breve ed io ben felice di addentrarmi nell’analisi di quanto accaduto finora in merito e quanto ancora si prevede o si spera succeda o non succeda, a seconda dei punti di osservazione.

Mi sono resa conto fin da subito che la situazione non è proprio rosea quando abbiamo messo nero su bianco il paradosso del pianeta, secondo il quale si devono gestire problemi sanitari opposti: da una parte le persone che soffrono di denutrizione o malnutrizione soprattutto nel Corno d’Africa e quelli che invece di cibo ne ingeriscono troppo, sprecando ed inquinando.

Quando siamo passati alla globalizzazione, ho pensato che l’idea di liberalizzare i mercati per far circolare le idee e la cultura era a dir poco intrigante, ma nel momento in cui si è passati all’aspetto economico mi sono ritrovata col pensiero allo schiavismo dei neri d’America. Che analogia avranno trovato i miei curiosi neuroni tra la situazione attuale e le persone schiavizzate nei campi di cotone?

Non poche pensando a ciò che ognuno di noi riesce ad acquistare a prezzi bassi per il semplice fatto che quell’oggetto è stato prodotto in un paese dove le majors, grazie all’apertura delle frontiere, hanno potuto impiantare le loro radici e sfruttare la manodopera a basso costo. Dietro al mio bel paio di scarpe da ginnastica o smartphone all’ultima moda ci sono persone sfruttate, c’è il lucro sulla condizione di povertà, ci sono leggi sull’inquinamento ambientale più permissive, c’è insomma più di qualche aspetto torbido.

Per tornare agli smartphone, per la loro produzione sono necessari minerali rari per la cui estrazione vengono spesso violati diritti umani e foraggiati conflitti nei paesi di origine, poveri e deboli. I cosiddetti minerali insanguinati, così come i famosi diamanti insanguinati, stessa origine, medesima catena di speculazione. 
Il benessere di molti mantenuto dall’esigua, se non inesistente, qualità di vita di tanti altri ed ecco che il nero nei campi di cotone non mi sembra poi così lontano nel tempo.

Dopo aver scatenato lo stupore misto a delusione del ragazzo prossimo ad esame, ignaro di tante nefandezze del genere umano, passiamo allo sviluppo sostenibile e la speranza che si cominciasse a parlare in positivo si tramuta in illusione. Il futuro non promette bene, ma 14 anni sono troppo pochi per deprimersi e lui pensa giustamente alle prossime, meritate vacanze.

Io, grazie al testo proposto dalla sua insegnante di italiano, comincio a pensare che un mondo diverso è possibile. Voglio infondere anche ai miei lettori un po’ di questo ottimismo e rimando tutte le riflessioni del caso al prossimo appuntamento in rete.

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