Siamo sempre più abituati ad ascoltare per appagare la curiosità piuttosto che per riflettere, comprendere e cercare di risolvere o aiutare a farlo. Quindi l’ascolto è il più delle volte fine a sé stesso e non propositivo rispetto alla soluzione di un problema.
Questo accade quando ciò che passa attraverso i timpani è il suono prodotto dalle parole. Non molto diversa è la reazione quando ciò che ci troviamo ad ascoltare e ad elaborare è un segno, un sintomo, un segnale di fumo da parte dell’organismo.
Il corpo ci parla eccome, perlomeno cerca di comunicare, sta a noi cogliere queste richieste, interpretarle, riflettere sul da farsi, su come risolvere una situazione che evidentemente non tolleriamo. In un corso che ho frequentato di recente si parlava proprio di questo, dei disturbi psicosomatici, di quando il corpo fa emergere ciò la mente elabora direttamente dal cervello.
Un circolo che può diventare vizioso qualora i pensieri non trasudano serenità, le riflessioni sono avvolte da cupe atmosfere, e tutte queste negatività dovranno uscir fuori per non ucciderci del tutto e l’unica via che hanno è l’organismo al completo.
Il punto è che una volta tirate fuori rimane uno stato di sofferenza continua, un’infiammazione perpetua che può essere il preludio a vere e proprie malattie, anche serie. Sempre che baciati da un colpo di genio ci rendiamo conto noi stessi che il problema di salute per cui ci fanno vagare da uno studio medico all’altro non verrà fuori da un esame del sangue o una risonanza magnetica.
Qualcuno potrebbe obiettare che dovrebbe essere il medico stesso ad accorgersi che si tratta di un problema che origina nel posto dove si producono i pensieri, ma a quanto pare ancora non c’è questa consapevolezza tra gli stessi professionisti della salute.
Si eviterebbero molti esami inutili qualora si valutasse la possibilità che dietro un disturbo della pelle, dell’intestino, del cuore si cela un disagio, un malessere di cui si dovrebbe parlare, che dovrebbe uscire fuori come un fiume in piena. E alla fine parlando, parlando, si prende coscienza che è necessario mettere in atto un cambiamento: nello stile di vita, nel proprio modi di porsi, nelle persone che ci circondano.
In effetti come ci fa notare la stessa relatrice, la brillante dott.ssa Torlini, abbiamo la tendenza a lamentarci dei problemi, a rivestire alla perfezione il ruolo di vittime. Le quali, se si trovano ad incontrare persone nella stessa situazione, fanno ridondare quel problema al punto tale che assume proporzioni gigantesche. Ben più grande di quello che dovrebbe.
L’approccio giusto dovrebbe essere quello di chi si pone di fronte alla difficoltà e assume un atteggiamento propositivo, volto se non proprio alla eliminazione, quanto meno al cercare fattivamente una soluzione. Uno spirito diverso che probabilmente ci porrebbe in maniera differente rispetto al nostro corpo, una posizione di ascolto alla quale certamente non siamo abituati.
Ciò a cui siamo educati è curare un sintomo, un disturbo e poi la malattia attraverso dei composti chimici che sistemano i guasti, fanno sparire un dolore, zittiscono ciò che non ci piace sentire. In fondo non siamo esseri nati per soffrire, tutt’altro. Noi miriamo alla perfezione sempre e comunque e se qualcosa non va come dovrebbe cerchiamo di correggerla.
Il problema sorge quando questi piccoli involucri ripieni di chimica li ingeriamo frettolosamente anche quando si potrebbe rimediare in modo diverso, o addirittura quando non necessario.
Cominciamo a porci con un’ottica alternativa, cercando di analizzare ciò che non va nella nostra vita, attuando dei cambiamenti, chiedendo aiuto se non ce la facciamo da soli. La relatrice ci ricorda che il cervello e di conseguenza la mente hanno un potere enorme che noi sfruttiamo al minimo.
Abbiamo forza ed energia da vendere, ma non ne siamo consapevoli, semplicemente ci lasciamo andare. Non facciamo prevenzione o ne facciamo troppo poca. Una semplice passeggiata nel parco tutti i giorni o imparare ad affrontare diversamente le situazioni.
Cominciare ad agire sulle cose possibili è gran cosa, e perché non c’è nessuno che ce lo ricorda?
Forse in troppi vogliono che assumiamo sempre e comunque quei piccoli involucri chimicosi.

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