domenica 19 febbraio 2017

Fin laggiù dove non arriva il sole


Proprio dove non penseremmo mai che la mano dell’uomo può arrivare, la ricerca scientifica ci riserva delle sgradite sorprese. 

Parliamo di profondità inaudite, anche 10.000 metri al di sotto della superficie del mare. Affermeremmo con convinzione che non sarebbe possibile trovare tracce di inquinamento negli abissi marini, fosse anche solo per il fatto che quei luoghi sperduti non li conosciamo granché.

Eppure nei tessuti di piccoli crostacei che in quei meandri ci vivono, è stata identificata la presenza di diossine e del famigerato DDT. Da noi come in altri paesi industrializzati è stato messo al bando da anni, ma in altri, dove persiste il problema sanitario della malaria, viene largamente utilizzato. 

Si tratta di inquinanti che resistono incredibilmente alla decomposizione e per questo possono essere trasportati facilmente dall’aria e dall’acqua anche lungo distanze importanti.

I detriti e le carcasse di animali arrivano ai piccoli crostacei che li ingeriscono; la catena alimentare fa il resto. I livelli di inquinanti sono alti, tanto quanto quelli di zone industriali lontane migliaia di chilometri dalle fosse oceaniche.

Siamo in grado di portare ovunque testimonianza delle attività umane, anche a chi vorrebbe vivere in pace la sua vita di creatura marina, circondata da acque cristalline che lo sono sempre meno. Questo dovrebbe disgustarci visto che la prospettiva è quella di essere privati di esotici luoghi da raccontare per accrescere il proprio ego.

Ma come facciamo a sapere che abbiamo raggiunto il fondo, nel senso più letterale del termine?

Fin dagli anni cinquanta, non ne eravamo consapevoli. Dal momento che le profondità massime che riuscivamo a raggiungere erano i 2000 metri. La tecnologia ci ha dato una mano a scavare sempre più in basso, fino ai vertiginosi 10.000 metri, dove si arriva a valori di temperatura e pressione incompatibili per un corpo umano. 

Il fatto che ha sorpreso gli stessi scienziati è che il profondo oceano è strettamente legato alle acque di superficie. Più di quanto si potesse immaginare. 

Nonostante i sottomarini telecomandati, si sa ancora molto poco di questi luoghi inesplorati, almeno non direttamente. Aver scoperto livelli così alti di inquinamento, li rende paradossalmente più vicini. Tanto da rivelarci quanto siamo distruttivi. 

Un messaggio inviatoci dalle profondità che dovrebbe davvero farci riflettere. Su quanto stiamo rovinando del prezioso patrimonio naturalistico del pianeta che ci ospita. Se è vero che di quei luoghi ne sappiamo meno che del suolo lunare, ora siamo coscienti del fatto che li abbiamo inquinati. 

Piccoli crostacei che ci inviano un chiaro segnale su quanto sia necessario cambiare rotta. In questi esseri le concentrazioni delle sostanze estranee sono ben al di sopra di quelle ambientali, il che diminuisce di molto le distanze dai nostri palati. 

Sembra incredibile quanto i chilometri possano, in alcune occasioni, accorciarsi incredibilmente. Il mondo allora, ci sembra veramente più piccolo di quanto dovrebbe. 

Una fossa oceanica, a 10.000 metri dalla superficie dell’acqua che ci rinfresca durante un bagno estivo, non è poi così remota. Un mondo sommerso e sconosciuto che nasconde segreti e processi ancora a noi ignoti. 

Estremamente affascinante studiarlo, altrettanto triste scoprirlo non più puro. Una razza piuttosto distruttiva la nostra. 

Ha senso cercare altri pianeti vivibili? 

Solo se fosse necessario per sopravvivere, non per disperdere le nostre indelebili tracce anche più in là dell’atmosfera, oltre che nel profondo blu.



Nessun commento :

Posta un commento