domenica 26 febbraio 2017

Sono felice se me ne frego


La foto mi ritrae in uno dei momenti in cui non sono intenta a preoccuparmi di cosa possono pensare gli altri. Ed è per questo che l’espressione risulta particolarmente rilassata. 

Le volte che ho fatto emergere quanto di buono c’è in me, a ruota libera e senza arrovellarmi sul giudizio altrui, sono state le più memorabili. Sotto diversi aspetti. E sono stati anche i momenti più felici, in quanto è emersa la mia vera natura. 

A quanto pare non era solo una sensazione priva di fondamento, stando alle parole dell’articolo di cui metto il link. Il quale prende spunto da un libro scritto da un famoso blogger, Mark Manson che tradotto più formalmente equivarrebbe a: “La sottile arte del fregarsene”. (lui usa un’espressione più forte)

La società decide cosa è giusto, opportuno e rispondente a determinate regole. Chi non si conforma inevitabilmente si espone a giudizi negativi e critiche, spesso tutt’altro che benevole. E noi sappiamo quanto sia importante cosa pensano gli altri di noi, anche se facciamo fatica ad ammetterlo.

L’essere accettati è un fattore di enorme importanza che influisce sull’autostima e la sicurezza. Nessuno vorrebbe risultare sgradito al prossimo o considerato un diverso. Il nodo di tutta la questione è proprio questo. La misura in cui riusciamo a svincolarci dalle influenze esterne che vorrebbero decidere, e il più delle volte ci riescono, cosa dobbiamo essere. 

Anche solo con uno sguardo di disapprovazione, senza neanche troppo sforzo. Mettiamo il caso che stabiliamo di fregarcene, rientrando in una percentuale veramente esigua di persone che non si conformano. 

Abbiamo realmente in mano il nostro destino, scegliendo di seguire l’istinto. L’articolo ci ricorda che le persone seguono tutte un medesimo iter, rispondente a determinati canoni. Una linea regolare nel normale andamento delle cose. Cosa altera quella linearità? 

Un fatto diverso, una situazione al di fuori della norma, un comportamento inaspettato. Quando si comincia a pensare oltre gli schemi, emerge quanto di creativo sopisce in noi, estri inesplorati che potrebbero rivelarsi veri e propri tesori. 

Sia per chi lo scopre, poter dare sfogo a quanto siamo in grado di realizzare in ambiti diversi da quelli attesi, è del tutto appagante. Che per la società, la quale si ritroverebbe arricchita di una persona più felice e già questo sarebbe sufficiente. 

Oltretutto a volte accade che chi non ha seguito la solita routine, ha dato luogo ad una scoperta eccezionale, o ha fornito un contributo notevole alla crescita di tutti, costituendo un esempio che rimane scolpito nel tempo. 

Quindi una volta presa in mano un’abbondante dose di coraggio, decidendo di lasciarsi scivolare addosso ogni eventuale critica da parte del prossimo, dobbiamo solo far uscire quanto è in noi innato e sepolto sotto strati di conformismo.

Ho sempre attirato i giudizi negativi per via del mio scarso adeguamento all’andamento prevalente. Non vesto alla moda, non mi piacciono le cose che solitamente la maggior parte della gente adora, non mi allineo al comportamento predominante se non risponde a ciò in cui credo fermamente. 

Tutto ciò sembrerebbe di facile attuazione, ma all’atto pratico comporta enorme sforzo a schivare le continue disapprovazioni che la società mi rimanda. Feedback negativi, dichiarati e non, che non accrescono l’autostima di nessuno ed io non sono diversa dagli altri. Il culmine dello sforzo messo in atto per remare contro, l’ho raggiunto quando ho dato pienamente sfogo alla mia vena creativa. 

Cioè quando ho realizzato questo blog, un’esposizione estrema al pubblico ludibrio di cui temevo seriamente le conseguenze. In realtà l’unica cosa che ne è conseguita è stato il mio benessere, proprio perché ho manifestato liberamente ciò che mi piace fare. 

La scrittura è stata per me terapeutica, e per ognuno di noi c’è un punto di forza da sfruttare, una capacità inesplorata che aspetta solo di essere scoperta. Magari oggi la società ci critica, un indomani potrebbe ricordarci per aver fatto la differenza. Se avremo imparato come funziona, per noi non cambierà assolutamente niente. 

Gli altri, storceranno il naso o ci apprezzeranno, noi ne avremo guadagnato in felicità.





domenica 19 febbraio 2017

Fin laggiù dove non arriva il sole


Proprio dove non penseremmo mai che la mano dell’uomo può arrivare, la ricerca scientifica ci riserva delle sgradite sorprese. 

Parliamo di profondità inaudite, anche 10.000 metri al di sotto della superficie del mare. Affermeremmo con convinzione che non sarebbe possibile trovare tracce di inquinamento negli abissi marini, fosse anche solo per il fatto che quei luoghi sperduti non li conosciamo granché.

Eppure nei tessuti di piccoli crostacei che in quei meandri ci vivono, è stata identificata la presenza di diossine e del famigerato DDT. Da noi come in altri paesi industrializzati è stato messo al bando da anni, ma in altri, dove persiste il problema sanitario della malaria, viene largamente utilizzato. 

Si tratta di inquinanti che resistono incredibilmente alla decomposizione e per questo possono essere trasportati facilmente dall’aria e dall’acqua anche lungo distanze importanti.

I detriti e le carcasse di animali arrivano ai piccoli crostacei che li ingeriscono; la catena alimentare fa il resto. I livelli di inquinanti sono alti, tanto quanto quelli di zone industriali lontane migliaia di chilometri dalle fosse oceaniche.

Siamo in grado di portare ovunque testimonianza delle attività umane, anche a chi vorrebbe vivere in pace la sua vita di creatura marina, circondata da acque cristalline che lo sono sempre meno. Questo dovrebbe disgustarci visto che la prospettiva è quella di essere privati di esotici luoghi da raccontare per accrescere il proprio ego.

Ma come facciamo a sapere che abbiamo raggiunto il fondo, nel senso più letterale del termine?

Fin dagli anni cinquanta, non ne eravamo consapevoli. Dal momento che le profondità massime che riuscivamo a raggiungere erano i 2000 metri. La tecnologia ci ha dato una mano a scavare sempre più in basso, fino ai vertiginosi 10.000 metri, dove si arriva a valori di temperatura e pressione incompatibili per un corpo umano. 

Il fatto che ha sorpreso gli stessi scienziati è che il profondo oceano è strettamente legato alle acque di superficie. Più di quanto si potesse immaginare. 

Nonostante i sottomarini telecomandati, si sa ancora molto poco di questi luoghi inesplorati, almeno non direttamente. Aver scoperto livelli così alti di inquinamento, li rende paradossalmente più vicini. Tanto da rivelarci quanto siamo distruttivi. 

Un messaggio inviatoci dalle profondità che dovrebbe davvero farci riflettere. Su quanto stiamo rovinando del prezioso patrimonio naturalistico del pianeta che ci ospita. Se è vero che di quei luoghi ne sappiamo meno che del suolo lunare, ora siamo coscienti del fatto che li abbiamo inquinati. 

Piccoli crostacei che ci inviano un chiaro segnale su quanto sia necessario cambiare rotta. In questi esseri le concentrazioni delle sostanze estranee sono ben al di sopra di quelle ambientali, il che diminuisce di molto le distanze dai nostri palati. 

Sembra incredibile quanto i chilometri possano, in alcune occasioni, accorciarsi incredibilmente. Il mondo allora, ci sembra veramente più piccolo di quanto dovrebbe. 

Una fossa oceanica, a 10.000 metri dalla superficie dell’acqua che ci rinfresca durante un bagno estivo, non è poi così remota. Un mondo sommerso e sconosciuto che nasconde segreti e processi ancora a noi ignoti. 

Estremamente affascinante studiarlo, altrettanto triste scoprirlo non più puro. Una razza piuttosto distruttiva la nostra. 

Ha senso cercare altri pianeti vivibili? 

Solo se fosse necessario per sopravvivere, non per disperdere le nostre indelebili tracce anche più in là dell’atmosfera, oltre che nel profondo blu.



domenica 12 febbraio 2017

Non c'è età per un sogno


Quando una persona arrivata al culmine di una carriera professionale, ti dice che è arrivato il momento giusto per riappropriarsi della sua libertà, ti rendi conto che l’età è veramente un dato squisitamente tecnico. Questa persona ha spiegato a me e ad altri che terminata la sua attività, avrebbe desiderato armarsi di fuoristrada ed andare in giro per il mondo e farlo alla maniera meno comoda possibile. 

Girando per agriturismi da poche stelle e perché no, le stelle, quelle vere osservarle da un giaciglio ricavato nel verde. Ho pensato che fosse un’aspirazione incredibilmente gratificante per l’essere umano, lontano dagli agi e le comodità che spesso fuorviano le emozioni e ci allontanano da noi stessi. 

Farlo quando lavoro e figli sono stati sistemati, e si potrebbe beneficiare del frutto di tanta fatica, risulta essere anche più originale. Capita davvero troppo spesso di riscontrare una curiosità morbosa rispetto all’età di un altra persona, forse perché questo è un dato che rivela o svela più di quanto le parole possano raccontare. 

O forse semplicemente perché ci sono delle tappe che nella vita vanno raggiunte entro un certo limite di tempo, altrimenti la società stessa giudica e ridicolizza. A volte ci sono dei limiti oggettivi, per i quali la volontà della persona è ininfluente. 

Magari si vorrebbe cominciare uno studio universitario, ma non è possibile per via del fatto che si è costretti a lavorare molte ore al giorno. Il denaro o meglio la mancanza di esso, costituisce spesso un limite all’appagamento di un desiderio. 

Non sempre però è colpa di fattori esterni, se non ci si esprime a dovere come individui. Succede che la società con le sue limitazioni ed i suoi paletti ci ingoia in una routine standardizzata, che uccide l’estro e l’evoluzione della comunità intera. Se un individuo non cresce, siamo un po’ più poveri tutti noi che ci nutriamo della bellezza o della povertà intellettuale che la collettività ci rimanda. 

Dovremmo incentivare le persone ad esprimere ciò che di creativo hanno dentro di sé, senza trincerarci dietro inutili limiti, senza pensare che questo va fatto in un certo momento o per quello ormai è scaduto il tempo. Fino a che occupiamo un posto su questa Terra, approfittiamone per arricchirci ed arricchirla di bellezza. 

Idee nuove, sogni da realizzare per i quali mai è troppo tardi, soddisfazione personale che migliora le persone ed il contesto di tutti. L’età ci indica solamente da quanto tempo siamo ospiti del pianeta. Si spera che rappresenti un incentivo a fare di meglio, cercando di pensare che un giorno nuovo è una buona occasione per creare qualcosa di positivo, qualcosa di cui si ha veramente bisogno. 

Anche fosse solo un sorriso da una persona che prima mostrava solo scontentezza. Ogni giorno è buono per una rinascita. La società è davvero troppo legata ai limiti imposti dal tempo che passa. Un numero che etichetta. Se ci dice che il corpo è sempre un po’ meno giovane, in realtà non dovrebbe fare altro. 

Invece viene usato per tracciare delle linee ben marcate tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, quello che si può fare entro e non oltre. Gli unici doveri che abbiamo sono quelli di mantenere il fisico in grado di combattere gli insulti del tempo, e dare un contributo positivo per l’evoluzione della società. 

Non ci sono numeri che tengano nella strada che dobbiamo percorrere. Ognuno di noi può farlo fino all’ultimo giorno, magari se cominciamo a pensare più liberamente, potremmo scoprire di avere un talento inesplorato. Il cielo ci sembrerà pieno di stelle. Come mai l’avevamo visto prima.

Io questo cielo l’ho scoperto in un momento molto buio, proprio quando le stelle sono più visibili. Ho assecondato la mia passione per la scrittura e ne è uscito fuori un libro. 

Chissà quante altre cose potrei fare, e quante invece non avrò e non avremo il coraggio di fare. Peccato davvero.


domenica 5 febbraio 2017

I piaceri della carne uccidono lo spirito


A quanto pare vivere di carne non è salutare e se qualcuno mi sta già additando come puritana, dico che avete esagerato con la malizia. Mentre la maggior parte di chi legge pensa alla carne che sollazza i sensi, io mi riferisco a quella che utilizziamo da altri mammiferi per nutrirci. 

Il perché abbia il potere di buttare il morale a terra, lo spiego partendo da dati oggettivi che ci fanno riflettere su quanto essa sia deleteria per la salute dell’uomo e dell’ambiente. Come in tutte le questioni è doveroso fare delle distinzioni e questa non è da meno. 

Una carne non vale l’altra e pare proprio che quella più dannosa sia quella bovina o di manzo se ci riferiamo al giovane bue.
Quando si dice più o meno inquinante si intende quanto quella produzione impatta sull’ambiente in termini di utilizzo di risorse e inquinamento di quelle già esistenti. 

Per soddisfare gli appetiti della popolazione mondiale, la parte che se la può permettere, si utilizza molta, moltissima acqua, terra, energia, suolo e si producono sostanze inquinanti con le stesse deiezioni degli allevamenti.

Se analizziamo più a fondo i dati che ci vengono proposti vediamo che anche altri tipi di carne sono inquinanti, seppur in misura nettamente inferiore. E se proprio vogliamo assegnare un trofeo alla categoria più sana, potremmo conferirlo a quella di pollo. 

Diciamo che in ogni caso vincono i piccoli allevamenti, mentre tutto ciò che è prodotto in scala industriale influenza pesantemente la salute di tutto.

Siccome mi piace incrociare i vari articoli e le informazioni che ne derivano, mi sorgono altri dubbi. Se la carne bianca vince, l’uso esagerato e malsano di farmaci e di antibiotici in veterinaria fa fare qualche passo indietro. 

L’Italia veste la maglia nera in Europa per il loro abuso negli allevamenti, nessuno escluso. E dal momento che pure la gente comune li usa come fossero acqua fresca, con o senza il parere del medico, alla fine i batteri sono quelli che hanno più salute di tutti. Anzi a dirla tutta, crescono sempre più forti, alla faccia di chi ci ha speso una vita intera per trovare rimedi per combatterli.

Sembrerebbe che tutti i punti convergano su un’unica conclusione: i vegetariani sono i più virtuosi e di certo un posto in Paradiso se lo guadagnano di diritto. Certo se si azzerano completamente i consumi di carne, la Terra tira un respiro di sollievo e non solo letterale. 

Però se consideriamo che per produrre la sola lattuga è necessaria moltissima acqua, ci potrebbe sorgere il dubbio che allora non dovremmo mangiare proprio nulla per essere in pace con il pianeta. E questa sarebbe la conclusione più giusta in assoluto, ma anche la meno praticabile. Arrivati a questo punto, entra in gioco un po’ di sano buonsenso. 

La parola magica è morigeratezza che in parole povere vuol dire senza eccessi, e volendo proprio andare a dormire con la coscienza a posto, potremmo tradurla in mangiare poco. 

Agire sulle quantità è fondamentale, con la consapevolezza che abbiamo bisogno di pochissimo per vivere bene. Relegando a rare occasioni i cibi notoriamente più dannosi. Mangiando in minor quantità, diminuirebbero sensibilmente anche le sostanze chimiche che ingeriamo con gli alimenti, siano essi farmaci o pesticidi.

Sono d’accordo con la conclusione dell’articolo di cui aggiungo il link, ricominciare dalla sanissima dieta mediterranea è la scelta migliore per la salute fisica e ambientale. 

Carni bianche, pochi latticini (come derivati degli allevamenti anch’essi inquinano), cereali, legumi, verdura, frutta, tutto in piccole quantità. Non sarebbe male cominciare a comportarci come quelli che prendono a cuore le sorti del pianeta che ci ospita. 

Meglio farlo quando ancora possiamo scegliere liberamente.