domenica 22 novembre 2015

The Lady: Aung San Suu Kyi


Nel 2011 Luc Besson le aveva dedicato un film e lei oggi, all’età di 70 anni, vince le elezioni nel suo paese, la Birmania. La sua è stata una vita spesa a rivendicare la democrazia attraverso la lotta non violenta, in un paese governato dalla dittatura militare. Il padre, un importante esponente politico, venne ucciso dai suoi avversari, lasciandola orfana all’età di due anni. 

La madre divenne altrettanto importante con il ruolo di ambasciatrice in India nel 1960 e la piccola Aung San Suu Kyi la seguì ovunque, fino a quando si ammalò gravemente, costringendola, ormai adulta e sposata, a tornare nel suo paese per accudirla. Fu allora che il regime militare prese il potere in Birmania o Myanmar, e da quel momento Aung San Suu Kyi non lo abbandonò più, trascorrendo quindici anni agli arresti domiciliari, a capo di un partito dai grandi intenti: la Lega Nazionale per la Democrazia. 

I militanti, strenui oppositori della dittatura militare, come accade sempre in questi casi, vennero puniti duramente, torturati, con imponenti rivolte studentesche che si trasformarono in autentici omicidi di massa. Ma lei che aveva deciso di lottare per la pace e la democrazia, perseguì il suo obiettivo senza usare neanche un proiettile, guidata dagli insegnamenti di Mahatma Gandhi e dai principi del buddismo. 

In tutti quegli anni fu detenuta agli arresti domiciliari, poi in stato di semi libertà senza comunque poter lasciare il suo paese e far visita al marito morente; solo per un’intuizione dell’autista di un convoglio sfuggì ad un massacro in cui morirono molti suoi sostenitori; cominciò ad ammalarsi subendo interventi e ricoveri; condannata a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa della sicurezza dopo che un componente delle Chiesa mormone statunitense, aveva raggiunto la sua casa a nuoto, attraversando il lago Inya. 

Tutto ciò avrebbe annientato la tempra di chiunque, ma lei, Aung San Suu Kyi, ha proseguito il suo drammatico, eccezionale cammino per guidare il suo popolo verso la libertà. 
Il 13 novembre 2010 è stata liberata e due anni dopo ritira finalmente il Premio Nobel per la pace assegnatole nel lontano 1991. Oggi, a 70 anni ha vinto le prime elezioni libere della Birmania dopo 25 anni, avviandosi a diventare il primo ministro di Myanmar. 

Io mi inchino davanti alla grandezza di alcune persone e spero che vivano per sempre. E lo faranno perché saremo noi a permetterlo, con il loro esempio a farci da guida. Proprio come lei ha fatto con Gandhi. In tempi pregni di violenza in cui le azioni belligeranti vengono dettate dalla sete di potere/denaro, noi dobbiamo essere illuminati dal modello di queste grandi menti, le cui coraggiose gesta sono state ispirate da ideali di fratellanza, pace, commovente umanità.

Pur dall’alto della sua storica vittoria, costatale anni di terribile, quasi letale sacrificio, Aung San Suu Kyi, rivolta ai suoi sostenitori ha dichiarato:
“Dobbiamo procedere con cautela. Stiamo sereni e calmi. Il vincitore deve rimanere umile ed evitare di offendere gli altri. La vera vittoria è del Paese, non di un gruppo o di singoli”.

Non c’è nulla da aggiungere a tali parole e posso solo dire di essere onorata di vivere lo stesso tempo di una persona in grado di esprimere una tale nobiltà d’animo.


sabato 14 novembre 2015

Solo ieri era la giornata mondiale della gentilezza


E solo ieri ne sono venuta a conoscenza, del fatto che esistesse un movimento, il World Kindness Movement, nato a Tokyo nel 1988, promotore di una giornata così speciale. Ne sono rimasta piacevolmente colpita, perché pensavo che non si desse tanta importanza ad un certo modo di porsi verso il prossimo: cortese, amabile, garbato, così come suggerisce il dizionario richiamando il termine in questione.

Mi ero quindi messa a riflettere su quanti gesti gentili potessi annoverare, nella giornata che volgeva al termine, che mi conferisse una qualche autorità nello scrivere e dibattere su questo tema. Fin dalla mattina ho salutato con un buongiorno l’autista del pullman che mi avrebbe portato al lavoro. Ho cercato di ascoltare garbatamente le richieste degli altri e di non farli attendere troppo, se in quel momento non stavo facendo nulla di più urgente. Ho dato una risposta ad una persona che mi aveva chiesto di informarmi su un oggetto che indosso e che l’aveva incuriosita. Sono stata contenta di essermi ricordata di farlo e lei ha apprezzato, dal momento che mi ha risposto con un sorriso. 

Eh sì la gentilezza richiama gentilezza ed acquieta i malumori. Di questo ne sono assolutamente convinta. Mi sono informata sull’andamento di alcune situazioni che riguardavano delle persone a me vicine, e ho visto che sono state contente del mio interessamento, del fatto che le ho ascoltate. Ho cercato di elargire un sorriso, nonostante negli ultimi giorni non fossi stata in un’eccezionale forma fisica. Potevo fare di meglio, sì certo si può e si deve migliorare. Dovrebbe essere l’obiettivo di ogni essere umano. In ogni caso ero contenta di aver almeno provato a porgere un sole e non una nuvola, attorno a me.

Quindi avevo proprio pensato di dedicare un post a tale evento, ma come spesso succede la mancanza di tempo non mi ha permesso di mettere nero su bianco tutti i pensieri in merito ed ho procrastinato al giorno successivo. Però il giorno dopo che sarebbe oggi, non è un giorno qualunque. In mezzo ci sta un massacro di persone che nulla, ma proprio nulla ha a che vedere con la gentilezza. Sarebbe stato opportuno da parte mia cambiare argomento e parlare dell’orrore di cui è capace l’uomo. 

Ed invece ho pensato che fosse necessario calcare la mano sul modo di porci verso gli altri, su quanto sia importante dare il buon esempio. E su come siamo bravi, al contrario, a generare spirali di odio e violenza, a mettere una razza o una religione, in antitesi o in posizione di superiorità rispetto ad un’altra, a depredare interi popoli in nome di presunte civilizzazioni, ad armare le mani di menti più deboli per far prevalere la propria folle idea. E senza la benché minima parvenza di coraggio, armati fino ai denti di vigliaccheria nel nascondere le vere intenzioni: la conquista del potere e il nome dell’onnipresente regista di tali crimini: il dio denaro.

Ed allora cerchiamo di costruire la società evoluta che, almeno a livello cinematografico, siamo in grado di realizzare. Certo un mondo alla Star Trek sembra così lontano, ma si comincia sempre dalle piccole cose. 

Un gesto gentile è un eccezionale antidoto alla crudeltà.


martedì 10 novembre 2015

In ricordo del Prof Benedetto G.



Non lo conoscevo personalmente però so che si è tolto la vita, impiccandosi. Era un professore di matematica, insegnante quindi, ed amante dello studio, dal momento che aveva acquisito più di una laurea. Odio parlare al passato di una persona che ha volutamente messo la parola fine alla sua esistenza, mi sembra di assistere impotente ad una perdita inestimabile per l’intera comunità. La nostra vita continua a scorrere normalmente, giorno dopo giorno, anche se quella persona non può più farci dono del suo valore, mai più.

Una mia amica che lo aveva conosciuto, ne è rimasta profondamente dispiaciuta ed io tramite i suoi racconti ho potuto dedicargli queste poche righe. Suo figlio era andato da lui per qualche ripetizione di matematica e si erano accordati per prepararsi ai prossimi test. 
In queste circostanze molte sono le voci che circolano per cercare di dare una spiegazione razionale ad un gesto così estremo. È sempre così, la gente si sente in diritto di sentenziare e mettere l’ultima parola su un’intera vita, anche quando la persona non la conosce affatto o quasi. 

Il fatto di aver frequentato qualcuno che riveste un ruolo in determinati contesti, come può essere quello scolastico non ci rivela nulla del suo vissuto, delle sue esperienze e ancor più delle sue sofferenze. Eppure circolano le voci, si dice che la causa può dipendere da una vita eccessivamente solitaria o ritirata, o chissà per quale motivo che sembra più plausibile degli altri. Ed invece no, non ci dovremmo sentire autorizzati ad emettere alcun tipo di responso, non su una questione così intima, non quando non conosciamo niente di quell’esistenza.

Credo di aver commesso anch’io l’errore di cercare una spiegazione, ma la notizia mi aveva molto colpito ed è umano che si cerchi di razionalizzare qualcosa che va così tanto fuori dall’ordinario. E poi confidavo nella delicatezza con cui la mia amica avrebbe trattato l’argomento, altrettanto ne era rimasta colpita e dispiaciuta. 

Siamo arrivate alla conclusione che una mente così brillante avrebbe avuto bisogno di condizioni e circostanze ben al di sopra di quelle realmente vissute. E non può che sentirsi poco valorizzata in un contesto qual’è quello italiano che di certo non premia i più meritevoli. 

Alcune frasi rubate qua e là sembrerebbero confermare quest’amarezza. Sono scoraggiamenti quotidiani che minano una natura già di per sé fragile. Se non si è abbastanza forti si soccombe.

Pare che abbia lasciato un biglietto con su scritto: “Scusate il gesto. Pregate per me.” 
Io pregherò per lei Prof ed ancor più per questa comunità che non l’ha saputa comprendere e che lei senza volerlo, ha punito duramente. 

Rendendola infinitamente più povera.




venerdì 6 novembre 2015

Se la celebrità è postuma

Vincent Van Gogh - Self-Portrait, August 1889, Oil on canvas, National Gallery of Art, Washington D.C.

Google gli dedica un doodle ed io gli dedico questo piccolo spazio del mio blog, sempre gentile concessione di Google. Il suo nome è Adolphe Sax ed è ovviamente lui, l’inventore del sassofono. Brevettato e presentato ufficialmente nel 1846 Inizialmente concepito per bande ed orchestre, divenne famosissimo dopo la sua morte come strumento caratteristico della musica jazz, negli Stati Uniti, per poi divenire usatissimo in tantissime applicazioni di musica pop e rock.

Ed è proprio questo il punto, Sax divenne celebre in tutto il mondo solo quando non era più in vita. Come tanti altri artisti. La sua vita fu invece molto travagliata, boicottato duramente da altri fabbricanti di strumenti. Portato alla bancarotta per ben due volte, aggredito fisicamente e trascinato in tribunale svariate volte. I suoi dipendenti minacciati o intimoriti per costringerli a licenziarsi. Tutto ciò ebbe ovvie ripercussioni sulla sua salute, arrivando a sviluppare un tumore, fino a quando non morì in assoluta miseria. 

Non è la prima volta che un talento non venga riconosciuto quando può riscuotere i meriti delle sue creazioni; c’è una certa tendenza ad emarginare le menti lungimiranti. Menti che magari valorizzate a dovere potrebbero dar vita ad altre mirabolanti espressioni del proprio genio creativo, anticipando magari di moltissimi anni l’intuizione di qualche altra mente illuminata. O semplicemente dando luogo ad una creazione alla quale nessuno arriverà mai. Potrebbe succedere anche questo, purtroppo. 

In ogni caso non si può affermare con certezza, dal momento che non abbiamo la possibilità di vivere un’altra dimensione, quella in cui tutte le menti brillanti, eccelse, raccolgono i frutti dei loro meriti mentre sono ancora in vita, dando libero sfogo al loro estro, senza doversi confrontare con le beghe degli invidiosi o l’ostruzionismo delle piccole menti, peccato. Credo che saremmo avanti di molti, molti anni nell’evoluzione della specie e chissà, tante umane nefandezze sarebbero superate da tempo.

Ce lo dovremmo ricordare la prossima volta che ci sembra di scorgere uno sguardo che si illumina, un ragionamento al di fuori del comune, un’idea che ci sembra davvero fuori tempo. Potremmo avere la fortuna di scambiare due chiacchiere con un futuro Gregor Johann Mendel o Edgar Allan Poe. 

Scusate se è poco.

mercoledì 4 novembre 2015

La notte prima di Ognissanti



















Se provate ad anagrammare le parole All Hallows’ Eve (la notte prima di Ognissanti) con qualche aggiunta qua e là, può essere che incappiate nella parola che dà il nome alla festa più macabra dell’anno: Halloween.
La sua origine risale alla festa celtica di Samhain, il cui nome deriva dall’antico irlandese e sta a significare  “fine dell’estate”. Molti sono gli usi e costumi di questa ricorrenza ed alcuni in particolare hanno avuto origine in tempi relativamente recenti, attribuendo tinte più o meno fosche ad una festa che non nasce per spaventare.

Tra gli usi potremmo annoverare quello di intagliare zucche con espressioni orripilanti, risalente alla tradizione irlandese e scozzese di intagliare rape per farne lanterne, simbolismo in ricordo delle anime bloccate nel Purgatorio. Mentre tra i costumi c’è proprio quello di travestirsi, il quale affonda le sue origini nel Medioevo, in Irlanda ed in Gran Bretagna. Il 1° Novembre, il giorno di Ognissanti, la gente povera andava porta a porta e riceveva cibo in cambio di preghiere per i loro morti il giorno della Commemorazione dei defunti (il 2 Novembre).

Alcuni culti religiosi, per esempio i cristiani discendenti dei popoli celti, non attribuiscono alla celebrazione di Halloween significati negativi, piuttosto la vedono come un’opportunità di insegnamento per i bambini, circa la morte e la mortalità. Non è così per la maggior parte del culto cristiano che la associa alla paura, la stregoneria, gli spiriti, i fantasmi e di nuovo lei, la morte.

Io mi sono immersa nello spirito della festa, travestendomi dalla più famosa replicante che la cinematografia conosca, Pris - Daryl Hannah, nel celebre Blade Runner.
Non sono andata in giro a elemosinare dolcetti o preghiere. Ho semplicemente preso in prestito le tenebre della notte per nascondere ritrosia ed insicurezze, calandomi a pieno spirito nel personaggio.


E non potrei aver fatto miglior scelta. Una replicante, creazione sfuggita al controllo degli umani, che si nasconde per scappare dalla morte: programmata, crudele, inevitabile.