sabato 22 aprile 2017

Nella giornata a Lei dedicata, un sincero pentimento


Si celebra dal 1970, ma ogni anno diventa sempre più importante capirne il senso ed il vero significato. Perché dedicare una giornata al pianeta che ci ospita è un po’ riduttivo. È veramente necessario capire l’importanza dei nostri comportamenti, di quanto il nostro modo di agire abbia effetto in primo luogo su noi stessi. 

La Terra ci ha concesso un luogo dove vivere, continuare la nostra specie, seppur in un modo altamente discutibile, e noi nel corso della nostra lunga evoluzione l’abbiamo sfruttata ogni oltre limite, depredandola di ricchezze che in alcuni casi sono perse per sempre. 

Siamo stati e continuiamo ad essere degli ospiti ingrati e maleducati, irrispettosi e pretenziosi. L’abbiamo spesso macchiata con le sue stesse risorse, versando in limpide acque petrolio e composti più o meno sintetizzati. Abbiamo versato sulla sua superficie miliardi di sostanze chimiche, prodotti nei nostri laboratori, avvelenandola senza pietà. 

Si dice che le cattive azioni tornino, seppur sotto altre vesti, al mittente e in termini di salute lo stiamo già constatando. Non è invenzione il dato sui morti causati dalle particelle sottili dello smog. Quei micron in polvere che entrano infidamente dentro i polmoni, senza troppa difficoltà, e ci fanno respirare male, aumentando di gran lunga il rischio di problemi al cuore. 

I bambini sono spesso le vittime più indifese di fronte a questi micro-killer. In molte parti del globo si usano ancora prodotti chimici pericolosi che causano seri danni alla salute, al fisico, allo sviluppo. Ancora una volta sono loro, i bambini, a pagare le peggiori conseguenze, perché li maneggiano senza cautele, magari ci lavorano, anche se dovrebbero fare altro.

Sfruttiamo sempre di più quanto ancora rimane, per indossare piume, pietre, gustare prelibatezze, costruire in luoghi fino a quel momento incantati. Abbiamo a tali scopi, portato all’estinzione alcune specie e da questo non si torna indietro.Tutto per sollazzare il nostro ego. 

Stiamo divorando risorse, macinando calorie avidamente e il prodotto di questo processo perverso e inarrestabile sono loro, lo scarto del progresso: i rifiuti. Che dobbiamo affrettarci a far scomparire, bruciandoli, seppellendoli, far finta che non siano mai esistiti. 

Ma nulla scompare e se li bruciamo ci tornano nei polmoni, nell’aria creando riscaldamento superfluo; se li sotterriamo tornano nell’acqua e nel cibo che piantiamo. Se abbiamo fortuna alcuni rimarranno inerti, attraverso i secoli, a testimonianza del nostro passaggio su questo pianeta, per le generazioni future o per qualche visitatore extraTerra inorridito. 

Lei nei secoli ha cercato di difendersi, di trovare modi diversi di sopravvivere a tanta avidità, ma lo sfruttamento è durato troppo. Abbiamo esagerato in ogni senso possibile ed ora paghiamo il prezzo di ritorno. I mari che si alzano, i venti impetuosi e distruttivi, i cibi avvelenati, le tempeste senza quiete, il caldo opprimente. 

Mangiamo, respiriamo, e riproduciamo il nostro veleno, la Terra ora non ce la fa più a salvarci. L’abbiamo esaurita e ora dobbiamo cavarcela da soli.
Dobbiamo iniziare a considerarci degli ospiti sempre grati per quanto potrà e vorrà concederci, ma sarà bene cominciare a ridimensionare la nostra istintiva natura di predatori. 

Altrimenti soccomberemo sotto l’enorme peso della nostra invadente presenza, soffocati dall’aria impura, smog, rifiuti, scarti alimentari, acqua inquinata e con sempre meno ossigeno da respirare vista la progressiva diminuzione di alberi in circolazione.
Non le stiamo dedicando una giornata, stiamo solo concedendo a noi stessi un’altra possibilità. 

Magari c’è ancora tempo per dimostrare di non essere dei pessimi abitanti. Potremmo allora cominciare con un buon proposito. Del tipo impegnarsi a diventare dei consumatori morigerati. Mangiamo meno, sprechiamo quindi meno, non compriamo se non necessario, facciamo vivere più a lungo ciò che ci appartiene. 
Abbiamo bisogno di poco per vivere bene, il resto è superfluo ed inquinante. 

Alla prossima giornata della Terra, sperando di poter essere un po’ più fieri di noi.


lunedì 17 aprile 2017

Sarin, affido a te l'atto finale


Mai come questi giorni mi sto rendendo conto di quanto la società si stia evolvendo e l’evoluzione di per sé rappresenta un elemento essenziale per raggiungere un ottimale livello di civiltà. Per lo più le religioni, o meglio le loro diverse interpretazioni, hanno deciso quanto l’uomo potesse progredire, pagando sempre un prezzo altissimo in termini di vite e distruzione.

La cruda verità è che nella storia della Terra le guerre hanno rappresentato passaggi fondamentali nel lungo processo di cambiamento dei singoli paesi. La fase preparatoria di un conflitto, il suo inizio, quanto durerà, la sua fine, segnano inevitabilmente la vita futura di una nazione e i sentimenti di chi la abita. 

Ma ciò che ha condizionato e influenzato più di ogni altra cosa il progresso della società nella sua interezza, è stato lo studio, la ricerca in ambito militare. Molti degli strumenti tecnologicamente più avanzati che sono diventati di uso comune hanno avuto origine e motivo del loro sviluppo per scopi non proprio pacifici. Bisogna ammetterlo, l’umanità è progredita attraverso i secoli di pari passo con i conflitti che l’hanno devastata, anche se parlare di progresso sembra un paradosso. 

Non ci siamo mai staccati dalle guerre, grandi e piccole, anzi sono sempre state il motore del nostro sviluppo. E se la frase può risultare troppo forte, si può dirla in altro modo: la natura prevaricatrice dell’uomo ha determinato la sua storia futura. 

Quella attuale racconta di un eccidio avvenuto in un paese di nome Siria. Un luogo intriso di storia, influenzata da diverse civiltà, tra cui Egiziani e Babilonesi, e terra natia di alcuni tra i più illustri letterati e uomini di cultura. Questo posto incantevole, per quanto povero di risorse naturali, si trova in una posizione strategica, di comodo passaggio verso il mare e il petrolio rappresenta un ottimo alibi per dare luogo ad un conflitto. 

Se poi il petrolio si mischia alla religione, il prodotto che ne consegue è una miscela esplosiva che dà vita ad un conflitto che dura ormai da sei anni, devastanti e distruttivi. Scenario di per sé già terrificante, fino a quando qualcuno, che ovviamente ora sta molto attento a non mostrare la mano, decide di ricorrere a uno strumento inventato dai tedeschi. E il contesto assume contorni da horror. 

Il gas Sarin, infatti, uccide in modo orribile: attacca il sistema nervoso, fa perdere il controllo di ogni funzione del corpo, blocca di conseguenza anche la respirazione, causando così la morte per soffocamento. Molti di quei morti, 90 circa, erano bambini, rendendo, se possibile, l’azione ancor più crudele. 

E per rimanere in tema di evoluzione, si può certamente citare l’origine di questo strumento che è divenuto di morte, ossia il lontano 1938 in cui scienziati dell’esercito tedesco lo sintetizzarono per creare un pesticida, e la cosa si fermò lì. 

Non oso pensare cosa sarebbe potuto accadere se Hitler avesse vinto la guerra, forse i vecchi forni crematori avrebbero lasciato il posto a ben più sofisticati modi di eliminazione di massa. Esattamente come Philip Dick l’aveva immaginato nel libro “La svastica sul sole”. 

Ma anche senza di lui, l’uomo ha pensato bene di creare svariate dittature in giro per il mondo e con loro un valido motivo per l’uso di mezzi estremi. Vale sempre il motto “se non sei con me, sei contro di me” e se il me in questione ha pure l’esercito dalla sua parte, il gioco è presto fatto. A quel punto tutto è lecito, anche uccidere persone inermi, nei modi più atroci possibili. 

Affidarsi a Sarin, non è però l’ultimo atto di una corsa alla peggior distruzione, anche se di certo lo è per l’esistenza di un qualsiasi mammifero. Notizia di questi giorni è quella riguardante l’utilizzo da parte degli Stati Uniti di una super bomba che, pur non essendo nucleare, distrugge tutto nel raggio di centinaia di metri. 

L’obiettivo era quello di indebolire l’organizzazione terroristica Isis in un suo luogo strategico in Afghanistan. Gli Stati Uniti, per ora, stanno dimostrando di essere avanti a tutti nel percorso evolutivo di cui parlavamo, e sicuramente la tecnologia di cui è capace questa super bomba, la ritroveremo applicata in molti settori diversi da quello militare. 

Se da una parte si colpiscono i terroristi, dall’altro ci guadagniamo in modernità, e se la Corea del Nord minaccia di sferrare un attacco nucleare, si dimostra un po’ anacronistica nel contributo al progresso che ogni nazione nel suo piccolo sta offrendo al mondo.

La svolta per l’umanità avrà luogo il giorno in cui abbandonerà definitivamente l’istintiva prevaricazione su altri esseri. A quel punto non saranno le guerre a guidare il progresso, ma la necessità di creare un mondo evoluto in egual misura per tutti, alla Star Trek per chi conosce il genere. 

Ma stravolgere la propria natura, è un processo lungo e difficile. Quindi, per il momento, dovremo accontentarci di raccogliere le briciole di umanità che i cattivi decideranno di concedere. 
Progrediremo così, conflitto dopo conflitto.






domenica 2 aprile 2017

Il corpo dice ciò che la mente elabora



Siamo sempre più abituati ad ascoltare per appagare la curiosità piuttosto che per riflettere, comprendere e cercare di risolvere o aiutare a farlo.  Quindi l’ascolto è il più delle volte fine a sé stesso e non propositivo rispetto alla soluzione di un problema. 

Questo accade quando ciò che passa attraverso i timpani è il suono prodotto dalle parole. Non molto diversa è la reazione quando ciò che ci troviamo ad ascoltare e ad elaborare è un segno, un sintomo, un segnale di fumo da parte dell’organismo. 

Il corpo ci parla eccome, perlomeno cerca di comunicare, sta a noi cogliere queste richieste, interpretarle, riflettere sul da farsi, su come risolvere una situazione che evidentemente non tolleriamo. In un corso che ho frequentato di recente si parlava proprio di questo, dei disturbi psicosomatici, di quando il corpo fa emergere ciò la mente elabora direttamente dal cervello. 

Un circolo che può diventare vizioso qualora i pensieri non trasudano serenità, le riflessioni sono avvolte da cupe atmosfere, e tutte queste negatività dovranno uscir fuori per non ucciderci del tutto e l’unica via che hanno è l’organismo al completo. 

Il punto è che una volta tirate fuori rimane uno stato di sofferenza continua, un’infiammazione perpetua che può essere il preludio a vere e proprie malattie, anche serie. Sempre che baciati da un colpo di genio ci rendiamo conto noi stessi che il problema di salute per cui ci fanno vagare da uno studio medico all’altro non verrà fuori da un esame del sangue o una risonanza magnetica. 

Qualcuno potrebbe obiettare che dovrebbe essere il medico stesso ad accorgersi che si tratta di un problema che origina nel posto dove si producono i pensieri, ma a quanto pare ancora non c’è questa consapevolezza  tra gli stessi professionisti della salute. 

Si eviterebbero molti esami inutili qualora si valutasse la possibilità che dietro un disturbo della pelle, dell’intestino, del cuore si cela un disagio, un malessere di cui si dovrebbe parlare, che dovrebbe uscire fuori come un fiume in piena. E alla fine parlando, parlando, si prende coscienza che è necessario mettere in atto un cambiamento: nello stile di vita, nel proprio modi di porsi, nelle persone che ci circondano. 

In effetti come ci fa notare la stessa relatrice, la brillante dott.ssa Torlini, abbiamo la tendenza a lamentarci dei problemi, a rivestire alla perfezione il ruolo di vittime.  Le quali, se si trovano ad incontrare persone nella stessa situazione, fanno ridondare quel problema al punto tale che assume proporzioni gigantesche. Ben più grande di quello che dovrebbe. 

L’approccio giusto dovrebbe essere quello di chi si pone di fronte alla difficoltà e assume un atteggiamento propositivo, volto se non proprio alla eliminazione, quanto meno al cercare fattivamente una soluzione. Uno spirito diverso che probabilmente ci porrebbe in maniera differente rispetto al nostro corpo, una posizione di ascolto alla quale certamente non siamo abituati. 

Ciò a cui siamo educati è curare un sintomo, un disturbo e poi la malattia attraverso dei composti chimici che sistemano i guasti, fanno sparire un dolore, zittiscono ciò che non ci piace sentire. In fondo non siamo esseri nati per soffrire, tutt’altro. Noi miriamo alla perfezione sempre e comunque e se qualcosa non va come dovrebbe cerchiamo di correggerla. 

Il problema sorge quando questi piccoli involucri ripieni di chimica li ingeriamo frettolosamente anche quando si potrebbe rimediare in modo diverso, o addirittura quando non necessario. 

Cominciamo a porci con un’ottica alternativa, cercando di analizzare ciò che non va nella nostra vita, attuando dei cambiamenti, chiedendo aiuto se non ce la facciamo da soli. La relatrice ci ricorda che il cervello e di conseguenza la mente hanno un potere enorme che noi sfruttiamo al minimo. 

Abbiamo forza ed energia da vendere, ma non ne siamo consapevoli, semplicemente ci lasciamo andare. Non facciamo prevenzione o ne facciamo troppo poca. Una semplice passeggiata nel parco tutti i giorni o imparare ad affrontare diversamente le situazioni. 

Cominciare ad agire sulle cose possibili è gran cosa, e perché non c’è nessuno che ce lo ricorda? 

Forse in troppi vogliono che assumiamo sempre e comunque quei piccoli involucri chimicosi.