In questo scorcio d'estate, così come ogni anno in questo periodo, si fa il bilancio di una stagione, quella estiva, che dovrebbe aver contribuito a far rilassare ed aver rigenerato a sufficienza prima di riprendere un anno di fatiche, lavoro o studio che sia.
Ed invece l’effetto terapeutico che una vacanza dovrebbe infondere si perde tra ritmi frenetici e tour de force del divertimento che mal si accordano con i tempi più blandi richiesti ogni tanto dal nostro cervello. Ma per quanto una vacanza possa essere stancante, in realtà chi sta veramente peggio è chi quella villeggiatura non se la può concedere.
Secondo la logica della competizione per arrivare sempre più in alto nella scala sociale, il viaggio è valutato ben più di una bella macchina. Quindi se non si ha un luogo interessante da raccontare ad amici e colleghi, è persino lecito inventarselo, creandosi uno sfondo internazionale al computer e mettersi in primo piano, da vero giramondo.
Pare che più di qualche italiano abbia attinto agli strumenti che la tecnologia ci offre, per creare un artefatto che non lo faccia sfigurare nei vari resoconti post-estate. In questa logica perversa che stima il viaggio al pari di un bene materiale, chi più gira, più si arricchisce, ma non certo perché allarga i propri orizzonti mentali.
In una società consumistica, i cui giudizi sul prossimo si basano prevalentemente sulla quantità di beni materiali posseduti, la vacanza perde il suo reale significato e diventa un vestito alla moda, senza ci si sente emarginati ed è quello che davvero succede.
In realtà il viaggio è sì un vestito, ma che deve essere cucito addosso alla persona, diverso per ognuno di noi. Ascoltare il collega che si perde nei particolari di un racconto dai contorni esotici, può rivelarsi un’esperienza interessante, perlomeno a parole, perché magari, per quanto ci si faccia rodere dall’invidia, quella vacanza non è adatta al nostro modo di essere.
Il viaggio è un’esperienza del tutto soggettiva e personale e va quindi scelto in base alle proprie inclinazioni, anche se queste eventualmente ci portassero a far visita ad un monastero.
Non può il viaggio diventare un termine di discriminazione economica, anche se chi ha i mezzi economici per affrontarne di lontani ed interminabili appare ai nostri occhi il più fortunato dei terrestri.
Vedere da vicino le meraviglie del pianeta è di certo appagante e inebriante, ma arricchisce lo spirito solo se si è realmente predisposti, altrimenti è un gesto di puro egoismo, effimero e volatile.
Se si visitano posti con una natura che mette i brividi, torniamo a casa con la voglia di cambiare il nostro stile di vita per contribuire a non perdere un tale patrimonio? Quando andiamo in un luogo dove tocchiamo con mano la povertà attorno all’albergo di lusso a quattro stelle, siamo in grado poi di apprezzare ciò che abbiamo nella vita di tutti i giorni? Visitando un luogo pregno di storia, sappiamo imparare da essa, evitando l’odio che ha portato alla distruzione di una civiltà?
Il bello è che tutto ciò lo si può apprendere stando seduti in un bel parco, vicino casa, con in mano un libro ed uno spirito da avventuriero, quello che si trova nelle persone che veramente vogliono un mondo diverso, migliore, evoluto e si impegnano concretamente.
Per loro il viaggio non termina mai. Faticoso, unico, il più fantastico che si possa immaginare.
Peccato che non lo raccontano alla fine di ogni estate.
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