Qualche settimana fa mi trovavo in un parco, invitata da un bambino che nel caso non avesse trovato amichetti per giocare, avrebbe avuto una seconda possibilità. C’è da premettere che non era ancora scoppiata la caccia generale al Pokemon ramingo ossia l’inseguimento virtuale e reale ai pupazzetti spiritosi, che se tengono incollati i ragazzi davanti ad un tablet perlomeno li fanno muovere parecchio.
Infatti più si cammina, più si catturano e visto che ci troviamo in un’epoca di pericolosa sedentarietà soprattutto per la minore età, direi che si può ovviare ad ogni altro effetto negativo.
In men che non si dica sono stata catapultata in un gioco con la palla, per poi passare ad una perlustrazione in un giardino con tanto di fontane e ruscelli, ed infine su un tronco di legno che fungeva da tavola da surf a contare chi riusciva a tenere l’equilibrio più a lungo degli altri.
Devo ammettere di aver passato due giornate divertentissime e soprattutto molto rilassanti, alla fine ho capito perché mi sentivo così bene. Nessuno del gruppo mi ha precluso la sua amicizia, anche se ero solo la zia di uno di loro, palesemente più grande e conosciuta per la prima volta.
Non mi sono sentita giudicata, non ho dovuto subire le forche caudine del processo mentale degli adulti che porta ad un etichettatura, il più delle volte inappellabile. Non mi è stato chiesto cosa faccio o quanti anni ho, non sono stata osservata con sospetto, sono stata accettata senza riserve e questo ha reso il divertimento davvero liberatorio.
La fiducia nell’altro a prescindere e la totale assenza di pregiudizi rende il mondo infantile, un patrimonio inesauribile di insegnamenti e di totale distacco dal mondo artificioso e di pura immagine degli adulti. Ne approfittano quelli dall’animo corrotto e non se ne rendono conto coloro che lo trascurano pur avendolo così vicino.
Se decidessimo di imparare da loro, i nostri rapporti con gli altri ne guadagnerebbero in spontaneità, benevolenza, rilassata accettazione, maggior fiducia, anche se con qualche dose di prudenza da aggiungere.
Certo se quei giorni mi fossi sentita troppo adulta da non potermi permettere di abbandonarmi al gioco o mettermi sullo stesso piano di chi ha molti anni in meno, allora non starei qui a bearmi di un bellissimo ricordo. Sta a noi decidere di non abbandonare il fanciullo che alberga nell’animo e che semplicemente il più delle volte soffochiamo.
Se riusciamo a tenerlo in vita, anche fosse un flebile lumicino, di certo ci aiuterà ad avere un diverso approccio con la vita, anche il rapporto con i bambini migliorerebbe clamorosamente, magari non si ricorrerebbe più a schiaffi e umilianti rimproveri nel momento di interpretare il complesso ruolo di genitore.
Costruire con loro un rapporto di fiducia, cioè di regole condivise con chiarezza e autorevolezza, senza il ricorso a punizioni corporali, le ricerche dicono sia la strada migliore per crescere adulti sani. Molto faticoso, ma altrettanto gratificante. Io aggiungo che gli adulti ne guadagnerebbero un rapporto speciale, di dialogo e confidenze.
Immergendosi nel loro mondo, attraverso il gioco, riuscirebbero a diventare credibili nel momento in cui fosse necessario stabilire delle regole e forse riuscirebbero a far emergere quel fanciullino sepolto sotto strati di esercitata ipocrisia, guadagnandone in spontaneità.
“Non bisogna mai abbandonare il bambino che hai dentro…” parla la voce fuori campo di J.D.
“Ehi quella ragazza vestita da lupo non ti toglie gli occhi di dosso!” gli dice l’amico Turk mentre sono seduti al bar con indosso una maschera da maiale.
“Lascerò che mi soffi la casetta, rendo l’idea?” gli risponde J.D. tuffando il muso insieme all’amico nella stessa ciotola delle noccioline.
“…è il bambino che abbiamo dentro che ci impedisce di impazzire.”
Serie televisiva Scrubs - Stagione 2, Ep. 5
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