Se quando accadono tragedie di questa portata, mi riferisco al sisma che ha colpito il centro Italia, ci si ferma a riflettere sulle differenti reazioni delle persone non direttamente coinvolte, si fanno incredibili scoperte sulla contraddittoria, duplice e quindi infida natura umana.
Non mi soffermo a parlare di quanto si sarebbe potuto fare per evitare tale sciagura, in quanto ripeterei i concetti già espressi relativamente al recente disastro ferroviario in Puglia, per arrivare alla medesima conclusione: la macchina burocratica è lenta e mal funzionante.
Questo perché le persone che la azionano sono scarsamente propense ad avere una prospettiva a lungo termine, di un futuro sicuro ed efficiente. “Sfangarla” giorno per giorno, è il massimo che si può chiedere a sé stessi, d’altronde non viene neanche messo in conto che ci potrebbe essere qualcun altro che pagherà le spese di tale meschinità.
E se c’è chi vive noncurante che le sue azioni ed omissioni hanno una ricaduta più o meno significativa su chi o cosa li circonda, c’è qualcun altro che “intenzionalmente” cavalca l’onda emozionale provocata dalla tragedia, per trarne un vantaggio personale.
In questi casi il termine sciacallaggio rende meglio l’idea, anche se il fatto che sia un animale, lo sciacallo, a dare il nome al termine, non lo trovo completamente appropriato, visto che per questi mammiferi accanirsi sui resti di altri simili è una questione di sopravvivenza, per l’uomo tale comportamento ha finalità tutt’altro che biologiche.
Ed ecco che la tragedia collettiva diventa l’occasione perfetta per mettere in mostra il proprio ego, rendere manifesti sentimenti di empatia che in realtà non si posseggono, farne in qualche modo la propria, piccola o grande, personale fortuna.
E con fortuna intendo anche quella economica ovviamente, dal momento che fiumi di denaro e beni materiali si riversano successivamente a queste sciagure, per porre rimedio, sostenere chi sopravvive, tentare di costruire un futuro, che nel caso dell’Italia è misurato in ere geologiche.
E con fortuna intendo anche quella economica ovviamente, dal momento che fiumi di denaro e beni materiali si riversano successivamente a queste sciagure, per porre rimedio, sostenere chi sopravvive, tentare di costruire un futuro, che nel caso dell’Italia è misurato in ere geologiche.
È piuttosto deprimente pensare che esistano individui che attendono i disastri di madre natura per aumentare il conto in banca, ma lo è altrettanto sapere che ce ne sono altri che utilizzano tali martoriati scenari per il proprio, esclusivo momento di gloria, magari attraverso l’autoscatto di un cellulare.
Non ho menzionato coloro che si sono sentiti in “dovere” di dire la propria, di dare un’opinione anche se non richiesta, di elargire una notizia non preventivamente verificata, di pronunciare una tesi da inesperto o semplicemente far uscire dalla bocca parole dal contenuto altamente discutibile.
Anche questi, a mio avviso, sono sciacalli: dell’etere, untori della mala informazione, pericolosi inesperti con il vezzo di passare da grandi scienziati, con il medesimo scopo di primeggiare, questa volta, però, su una vasta, immensa tragedia umana.
Per tenere fede alla premessa in cui parlavo di duplice natura umana, ecco che in questo miserabile panorama di aridità di sentimenti, spicca la luminosità dell’altra faccia della medaglia.
Quella che quando ti capita di posarci lo sguardo, riesce ad infonderti la dose di ottimismo necessaria a guardare avanti, a credere che questa specie possa ancora avere un futuro evoluto.
In questo caso, l’altra faccia sono tutte quelle persone che hanno scavato a mani nude tra le macerie alla ricerca di gente da salvare, chi ha donato qualcosa, il sangue un abito un medicinale, al solo scopo di dare un aiuto concreto, tutti quelli che hanno messo in secondo luogo sé stessi.
E visto che prima ho nominato lo sciacallo, per indicare, di riflesso, caratteristiche negative del genere umano, ora che sto descrivendo la faccia luminosa, non posso dimenticare di nominare loro, i cani, che con il loro fiuto addestrato hanno permesso a molte persone di continuare a vivere.
Dato che non tutti quelli che hanno usufruito di questa incredibile dose di generosità avranno la possibilità di ringraziarli, lo faccio anche a nome loro: “Avete alimentato la speranza, grazie a voi non è calato il buio che spaventa.”
E per quelli che non ce l’hanno fatta, di cui ho avuto anche un coinvolgimento non diretto, ma partecipe, attraverso le notizie di alcuni ragazzi, compagni di classe di parenti ed amici morti sotto le macerie. Pensando a loro voglio rivolgere un appello agli sciacalli già nominati.
Quando vi accanite su ciò che rimane, provate anche solo per un attimo a distogliere il pensiero dall’azione che vi accingete a compiere, e fatevi solo una domanda: “È davvero questo ciò che voglio essere?”
Se avete dubbi o tentennamenti, fermatevi.
Se avete dubbi o tentennamenti, fermatevi.