Qualche giorno fa sul pullman che mi avrebbe riportato a casa sfidando il traffico ed il lento calare del giorno, ho sentito un’espressione che mi ha fatto pensare. Due adolescenti riferendosi ad un altro ragazzo appena sceso hanno detto: “Questo è uno sfigato..”
“Ma perché lo hanno etichettato in quel modo?” mi sono chiesta. Lo avevo notato quando era salito, ed avevo avuto una sensazione particolare, come se si fosse materializzata un’irregolarità rispetto alla norma. La quale prevede vestiario di un certo tipo, linguaggio piuttosto licenzioso, atteggiamento di chi è in grado di affrontare qualsiasi pericolo, disprezzo verso chi non si allinea a questi canoni. In genere le ultime tre caratteristiche si rafforzano quando si è con altri del gruppo di appartenenza.
Lui non dava esattamente l’idea di essere uno “allineato”: abiti personalizzati, aria introversa, pensiero indipendente ed espressione che tradisce un’eccessiva timidezza. Mi ha intenerito, forse perché in lui ho rivisto una giovane me che con estrema difficoltà si affacciava sul davanzale della vita, bellissima e spietata, e ne era particolarmente impaurita. All’epoca non ci chiamavano sfigati, ma il risultato era sempre lo stesso: venivamo riconosciuti a colpo d’occhio, senza scampo.
Il bullismo, invece, era un fenomeno ancora non emerso, le cronache non ne parlavano o quasi e anche la scuola, di conseguenza, non era così sensibilizzata in proposito. Le disavventure che quotidianamente si dovevano affrontare, erano una sfida aperta al nostro animo acerbo e senza difese, ma le paure erano le stesse di coloro che si mostravano forti, l’ho capito dopo.
Ma si sa essere vincenti o dare l’idea di esserlo è una buona chance verso il successo nella società delle apparenze, passata e presente. Non c’è spazio per debolezze o cedimenti, bisogna mostrarsi adeguati, sicuri di sé e delle proprie capacità di fronte alle avversità della vita. Gli sfigati sono imbranati nei fatti d’amore e non solo, vivono in disparte, lasciando la scena ai conquistatori.
In linea teorica è così, ma queste persone hanno in realtà doti e qualità che surclassano gli altri, sia in termini di intelligenza che di sensibilità. I sensori con i quali percepiscono la realtà circostante sono settati su modalità fuori dal normale range e la sensibilità che ne deriva può rivelarsi un dono preziosissimo o una spada di Damocle che incombe nei rapporti e di fronte ai fatti della vita.
Se lo sfigato si rende conto di avere qualità superiori potrebbe davvero eccellere nel suo ambito di lavoro o diventare un punto di riferimento importante per gli altri, anche al di fuori dei propri confini, ma se non avrà la fortuna di essere sicuro delle sue capacità allora subirà, senza difese, i colpi del vivere quotidiano, tra tormenti e sofferenze inimmaginabili.
Se le altre persone invece di considerarli come diversità quindi un elemento estraneo da allontanare, li accettassero semplicemente per ciò che sono, gli sfigati riuscirebbero a sorridere al prossimo senza considerarlo un nemico dal quale doversi sempre difendere. E magari avrebbero la possibilità di vivere una brillante vita sociale, con conseguenze eccezionali per l’intera comunità.
Incredibili possibilità di evoluzione e crescita di tutti gli individui, perse per sempre.
Che peccato davvero…
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