martedì 30 giugno 2015

Un incontro visto dalla Terra



Ieri sera durante una tranquilla passeggiata serale ho, improvvisamente e senza una precisa ragione, rivolto lo sguardo verso il cielo che dall’azzurro virava verso il blu. Completamente libero, un’unica pennellata di colore, tranne due puntini scintillanti, due diamanti dei quali uno spiccava per particolare luminosità e brillantezza.

Chi mi stava accanto, dedito in tempi passati a sbirciare le stelle con il telescopio, mi ha informato di un particolare fenomeno astrale che sta accadendo in questi giorni, facendo anche i nomi dei diretti protagonisti: Venere e Giove. I due visti dalla Terra appaiono sempre più vicini e il loro incontro culminerà questa sera, 30 giugno 2015, in un abbraccio che vedrà  Giove, il gigante gassoso e Venere, piccolo ma luminoso, fondersi in un unico punto splendente. 

Osservo incuriosita e soddisfatta per aver seguito l’istinto che mi porta ad osservare la realtà che mi circonda cogliendone ogni nuovo particolare come fosse un oggetto di studio. Ed è a quel punto che la fantasia comincia a prendere il largo. Questa potrebbe diventare, anche se un po’ banalmente, un breve ma intenso incontro tra due amanti, che culmina in un unione passionale e struggente che lascia ben poco spazio alla razionalità.

Affascinante pensare ad una tale similitudine, ma i miei pensieri devono spaziare oltre. Mentre continuo ad osservare, la mia immaginazione va alla pochezza delle faccende di noi terrestri che se confrontati con l’immensità dell’Universo, che quei puntini luminosi ma molto lontani stanno lì a rammentarmi, sono niente. Alla fine mi convinco che le cose davvero importanti, per cui vale la pena di struggersi e addolorarsi, sono veramente poche ed il resto è una gigantesca, immane montatura degli umani, architettata per non farsi sopraffare dalla noia.

Chissà se da qualche altro punto di osservazione lontano ma tecnologicamente più avanzato, qualcuno ci osserva fantasticando a sua volta o pur sapendo della nostra esistenza ci ignora per dedicarsi a questioni che considera più importanti.

Non saprei rispondere ma, intanto, da banale abitante di questo pianeta, decido di immortalare l’avvicinamento planetario con qualche foto. In fondo è un modo come un altro di fermare il tempo ai momenti che consideriamo veramente importanti o non particolarmente banali. 

Già il tempo… è un argomento troppo importante per liquidarlo in poche righe. Merita una riflessione più approfondita. Mi riprometto di farlo prossimamente.


domenica 28 giugno 2015

Le anime pelose



Il suo nome era Zegher, dico era perché non so come ci si riferirà a lui nel mondo in cui potrebbe trovarsi ora. Era un cane e di questo siamo certi, perlomeno nel tempo di esistere che gli è stato concesso sulla Terra. Quattordici anni non sono poi così pochi per uno della sua specie, e come spesso accade in questi casi la sua assenza sarà davvero palpabile.

Pur non avendo avuto la fortuna di avere un amico che accompagnasse fedelmente le mie giornate, ho potuto osservare come le persone che si trovano ad affrontare la perdita dei loro coinquilini pelosi, si sentano perse e abbandonate, dilaniate da un grande, inconsolabile dolore.
Questo perché il sentimento di affetto, di amicizia o più semplicemente amore, è indipendente dalla natura dell’oggetto su cui lo riversiamo: un altro essere umano, un cane, un gatto, un canarino o una pianta. 

Io mi sono data una spiegazione dei legami così forti che si vengono a creare con esseri che non appartengono alla nostra specie, e che le persone stesse tendono a ribadire come se dovessero giustificarsi di provare un sentimento tanto forte per un animale o chissà cosa di diverso da un altro uomo o donna.

L’essere umano ha un estremo bisogno di amare e di non sentirsi solo, e quando incontra un altro essere che non soltanto è disposto ad amarlo, ma lo fa in maniera incondizionata, senza fare domande, senza chiedere se preferisce il mare o la montagna, se può cortesemente abbandonare quell’abitudine tanto fastidiosa, allora è davvero festa grande o per dirla in termini più eleganti, è l’apoteosi di tutti i sentimenti che scaldano il cuore. 

Ma gli esseri umani che tanto egoisticamente si deliziano di questi doni d’amore, sono capaci di farli volare più in alto del loro stato di esseri “inferiori”? 
Sì perché noi apparteniamo ad una razza intelligente, di certo la più intelligente che sia mai vissuta su questo pianeta, l’unico finora da noi conosciuto come abitabile.

Difficile credere che le cose stiano davvero così quando distruggiamo gli esseri inferiori che ci circondano ed i legami di affetto che cercano di stringere con noi. 
Ma noi siamo esseri superiori così tanto elevati da non riuscire a vedere quanto, di veramente prezioso, abbiamo davanti agli occhi. 

La vera svolta per il genere umano avverrà quando riuscirà ad amare, nel senso più vero e profondo del termine. 
Allora cominciano a prendere appunti, impariamo da loro: le piccole, grandi creature di questo pianeta.

Per tornare a Zegher, perché è a lui che dedico questa riflessione, beh ovunque tu sia, continua ad amarci come noi, ancora, non siamo in grado di fare.

venerdì 26 giugno 2015

Il cubo





Chi lo aveva lasciato davanti alla sua porta?

Al suono del campanello Marco scattò in piedi e senza neanche posare il suo latte corse verso la porta. Aspettava quella risposta da diversi giorni ed a quell’ora non poteva che essere il postino. Dovevano pubblicare i suoi racconti, era un ottimo scrittore di fantascienza. Aperta la porta rimase però deluso, non c’era nessun postino. Non c’era proprio nessuno. Non c’era nessuno nel viale, né sulla strada di fronte. Chi aveva suonato? Decise di uscire per controllare meglio, ma il piede destro urtò contro qualcosa. Guardando a terra Marco non vide niente, solo il pavimento. La cosa lo turbò, ma non quanto quella goccia di latte, che staccatasi dal bicchiere e caduta nel vuoto, fermò la sua corsa spiaccicandosi a mezz’aria. Proprio così, la goccia aveva urtato una superficie piatta e si era espansa come su una lastra, ma a 20 cm da terra. Una lastra di vetro? Marco si abbassò per guardare meglio e si accorse che per terra c’era un cubo. Un cubo decisamente strano. I lati erano di un profondo nero opaco, il più opaco che avesse mai visto. Ma la cosa inquietante era che il cubo risultava completamente trasparente se visto dalla faccia superiore. Anzi non semplicemente trasparente, era del tutto invisibile. Nessun riflesso, nessun effetto ottico, proprio come se non ci fosse. Con prudenza Marco toccò il cubo, lo spinse con un dito scoprendo che era molto leggero. Posò il bicchiere di latte per terra e prese il cubo, lo sollevò. Lo rigirò attentamente e constatò che le facce erano tutte nere tranne una. Decise di portare il cubo in casa. Lo poggiò sul tavolo della cucina. Seduto di fronte al cubo, Marco rimase diversi minuti a fissarlo, pensando a quanto la cosa fosse assurda. Prese a rigirare il cubo al di sopra del tavolo. Tantissime domande gli affollavano la mente. Di cosa era fatto il cubo? A cosa poteva servire? Perché lo avevano lasciato davanti alla sua porta? Ma soprattutto chi? Doveva essere stato qualche alieno, non c’era altra spiegazione. Non poteva essere tecnologia umana. O forse veniva da un altro tempo. Forse veniva dal futuro? Congetture, solo congetture, innescate dalla sua mente di scrittore. Serviva qualche fatto. Doveva studiare il cubo. Forse doveva parlarne a qualcuno. No, prima doveva saperne di più. Marco alzò il cubo e cominciò a guardare attraverso la faccia invisibile. Vide passare il piano della cucina, il forno a microonde, le maioliche, l’orologio a parete. Tutto sembrava perfettamente normale. O forse no? Qualche cosa non andava. Era solo una sensazione? L'orologio segnava esattamente le otto, quindici minuti e venti secondi, diciannove secondi, diciotto secondi, diciassette, sedici!!! Un brivido percorse la schiena di Marco. Chiuse gli occhi strizzandoli con forza. Li riaprì, ma la lancetta dei secondi continuava a girare al contrario. Marco si alzò di scatto, guardò incredulo l'orologio, ora non attraverso il cubo. L'orologio girava normalmente, proprio come avrebbe dovuto. Trentuno, trentadue, trentatré... Si era sbagliato, doveva essersi sbagliato. Si rimise a sedere ed a guardare l'orologio attraverso il cubo. Ventinove, ventotto, ventisette, ventisei! Non c'era alcun dubbio, visto attraverso il cubo, l'orologio girava al contrario. Ma era solo l'orologio a girare al contrario o era proprio il tempo ad andare a ritroso? Bisognava fare qualche test! Come poteva fare? Bisognava inquadrare qualche cosa in movimento e vedere se cominciava a muoversi al contrario. Marco pensò al lavandino. Aprì il rubinetto quanto bastava per farlo gocciolare. Cadeva una goccia ogni 2 o 3 secondi. Un test perfetto. Prese il cubo e lo posizionò in modo da vedere il rubinetto gocciolante attraverso la faccia invisibile. Sapeva già quello che avrebbe visto, ma la cosa non lo turbò meno. Le gocce salivano verso il rubinetto. Proprio come vedere un film al contrario. Ogni goccia si alzava dal lavandino e rientrava nel rubinetto, una ogni 2 o 3 secondi. Ad un tratto vide qualcuno andare verso il rubinetto, chiuderlo ed allontanarsi camminando al contrario. Era lui, si stava vedendo mentre qualche attimo prima apriva il rubinetto per iniziare il test. Poteva vedere a ritroso quel che aveva fatto, una cosa alla quale non aveva proprio pensato e che trovava decisamente inquietante. Che utilità poteva avere e fin quanto poteva spingersi indietro? Forse poteva arrivare fino a quando aveva preso il cubo, forse anche più indietro. L'idea gli balenò all'improvviso. Forse poteva addirittura vedere prima del momento in cui aveva preso il cubo, poteva vedere chi lo aveva lasciato davanti alla porta. Marco allora girò il cubo verso la porta e rimase a guardare. L'attesa sembrò eterna, ma passarono solo pochi minuti quando vide sé stesso camminare al contrario verso la porta. In mano aveva il cubo. Marco cominciò a seguire sé stesso che andava al contrario. Si avvicinò alla porta e la aprì proprio mentre il suo alter ego passato la stava chiudendo al contrario. Vide se stesso rigirare il cubo e poi metterlo giù, tirarlo con un dito, prendere il bicchiere di latte; vide la goccia riformarsi e salire verso il bicchiere, vide il cubo dare un piccolo colpo al suo piede. Poi si vide mentre cercava chi aveva suonato il campanello, mentre andava all'indietro e richiudeva la porta. Il Marco del passato era sparito in casa. Non rimaneva che aspettare per scoprire chi aveva posato lì il cubo. Ad un tratto si riaprì la porta. Marco vide sé stesso uscire con in mano il cubo, sollevato come se lo stesse usando per osservare la scena, si vide stare immobile per alcuni secondi. Proprio come stava facendo lui ora. Il Marco del passato sembrò tutto ad un tratto perdere l'equilibrio, il cubo gli scivolò e cadde a terra. Cadde esattamente nella posizione in cui lo aveva trovato all'inizio. E tutto scomparve, dal cubo non vedeva più nulla. Per lo stupore Marco perse l'equilibrio, il cubo gli scivolò dalle mani e cadde esattamente nella posizione in cui lo aveva trovato all'inizio. Nello stesso istante tutto diventò buio, Marco ed il suo universo erano scomparsi. Niente esisteva più. Dopo qualche istante un campanello suonò ed un Marco credette che finalmente il postino era arrivato.


Autore:  Daniele Bianchini

sabato 13 giugno 2015

Il sogno

Cerco nella rete qualcosa che riguardi il sogno, in tutti i suoi possibili significati.
Mi imbatto in Wikipedia che lo definisce come un fenomeno psichico legato al sonno, per poi spiegarne la neurologia, il rapporto tra il sogno e la psicoanalisi attraverso l'interpretazione di Freud, passando per l'interessantissima carrellata di significati che ogni civiltà ha attribuito ad esso nel corso della storia dell'evoluzione dell'uomo. 

Mi sembra importante citarne alcuni: 

"Nella civiltà sumerica troviamo il rituale dell'incubazione. Questa pratica richiedeva che un individuo scendesse in un luogo sacro sotterraneo, dormisse una notte intera e andasse poi da un interprete a raccontare l'eventuale sogno, che di solito rivelava una profezia.
I Greci ripresero l'usanza dell'incubazione, andando in un bosco sacro o in una grotta, dove scavavano una buca, o recandosi presso un tempio di Asclepio. Lì si accoccolavano sperando di riuscire a dormire e quindi a sognare; in seguito consultavano l'esperto in oniromanzia. Le interpretazioni assumevano un ruolo di cura e guida spirituale."

Ma il sogno non è solo quello che prende vita nel silenzio della mente che si riposa. 
Alla voce sogno il dizionario recita anche: "vana fantasia, fantasticheria, illusione.

Il sogno come guida. Il sogno come rifugio. Il sogno come via d'uscita dalla dimensione terrena. Nebulosa, confusa,  incerta.

Claudio Vergini nel suo racconto dal titolo "Il sogno" scrive:

"Io voglio ciò che vuoi tu, o meglio ciò che volevi, ciò che hai soffocato nel tuo essere più intimo... sono gli occhi verdi, ma non solo i tuoi, sono un tramonto baciato dal mare, sono una partita a calcetto, sono il gol visto in televisione, sono il vento nei capelli, sono la soddisfazione di un attimo, il bacio che fa suonare le campane, l’anima che ti sussurra dentro..."

Ed ancora:

“Scusami Sogno, scusami tanto, ma mica è tutta colpa mia... lo conosci il bosco vero? Lo sai che quando ci vai di notte devi accendere un grande fuoco per rimanere vivo? E nel fuoco, ahimè, qualche sogno ci rimette...”

“Qualche, hai detto bene. Tu mi hai sacrificato e non piangi più per me... non ricordi l’emozione forte di alzarti la mattina continuando a vedermi in ogni istante, in ogni oggetto, nelle nuvole e nel cielo, nella musica e nelle risate, nell’abbraccio di un amico, in una telefonata di conforto!

Ed infine:

Vieni qui, non svegliarti, ti tendo la mano, ti stringo un pochino, non abbandonarmi, lasciami vivere oltre il tempo dei cieli stellati...”