domenica 8 dicembre 2019

Che l'anno è nuovo lo capisci dal numero

Immagine di Tom Hill da Pixabay


Avevo lasciato i miei cari lettori con una promessa più che altro dettata dai dogmi della società moderna, rendermi visibile su una grande vetrina quale è quella di Amazon. Fare in modo di farsi riconoscere anche da un pubblico che non parla l’italiano o almeno non solo. 

Gli estimatori dell’editoria vecchio stile non amano molto queste luccicanti vetrine dove chiunque può attingere per cercare di accaparrare più monetine o più fama che spesso vogliono dire la stessa cosa. Come se la cosa più importante di tutte ossia la lettura, lo studio, l’intellettualità si perdesse in questo gran mare di offerte di dubbia qualità. 

Capisco che l’editore come siamo abituati a vederlo nel nostro immaginario è impersonato da un signore un pò su d’età, magari con grandi possibilità economiche che è spinto a dare vita alla sua idea di attività imprenditoriale solo dalla passione, enorme, irresistibile per le parole, la lettura, per questo incredibile mondo parallelo in cui ognuno di noi che ha capito il suo enorme potere si rifugia appena può. 

Però il mondo grazie alla spinta dei canali sociali tipo Facebook è cambiato e si è proiettati verso un rapido consumo delle necessità, desideri o tutto ciò di cui si ha bisogno, sempre che queste esigenze siano effettivamente reali e non create ad arte da chi ce le deve soddisfare a pagamento. 

In ogni caso si spegne lentamente l’idea del luogo dove vai e con saggia riflessione decidi cosa vuoi acquistare sia esso un libro o un film, ora tutto si muove alla velocità di rete e se non ti adegui sei necessariamente tagliato fuori. Il che non è per forza un male, lo diventa se vuoi essere parte se non addirittura il fautore di un cambiamento. Obiettivo difficilissimo se non sei piuttosto estroverso da balzare da un posto all’altro munito della tua inseparabile fotocamera che immortala ogni memorabile momento. 

Così la piccola Greta saltella da una barca ad una conferenza mondiale con la leggiadria di chi ha compreso cosa deve fare per catturare l’attenzione, se è solo un gioco di esibizione di sé o reale interesse per la questione ambientale non è poi così importante. Nell’imbarazzante scelta di questo panorama multimediale se riesce a catturare più like di una superstar con annessa riflessione sul ghiaccio che è sempre meno esteso è già una grande conquista. 

E se decidesse di tornare a scuola chi prenderebbe il suo posto? Questo lo deciderà il grande mondo che frequenta Internet che non dovrebbe essere tanto diverso dal mondo che frequentiamo nella nostra quotidianità. Vero fino ad un certo punto, perché quella realtà è costituita da tutti coloro che tra le fitte trame di una rete senza confini tirano fuori la loro natura più nascosta e diventano massimi esperti, giudici inflessibili, sentono insomma di avere un potere tra le mani, impossibile anche solo da desiderare nella concreta vita. 

Le recensioni creano punteggi, i like danno vita ad un mito, il numero di visualizzazioni rendono l’idea di chi è influente e, piaccia o meno, di chi conta. Insomma Internet con annessi e connessi è così potente che può spodestare un presidente, creare notizie falsissime, forgiare star di tutti i tipi, far diventare il buono cattivo e viceversa. 

Ma se la rete è così veloce perché il cambiamento non lo è altrettanto? Alla fine non mi sembra che si sia trasformata questa società proiettata verso il distruttivo consumismo, che anzi è diventato ancora più vorace. Il denaro non ha perso la sua importanza, e si è esacerbata l’innata esibizione di sé che ci rende piuttosto cechi rispetto al mondo circostante, quello oltre i confini della propria realtà.  

E allora se si vuole veramente fare la differenza, se si ha un gran desiderio che i prossimi anni siano l’inizio di un rapporto del tutto diverso tra le persone, tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e sé stesso, si deve fare i conti con tutte queste realtà veloci. Io che amo la scrittura e la natura devo affrontare il grande colosso commerciale che è Amazon, chi vuole rallentare questa estenuante corsa alla notorietà dovrà diventare importante, che sembra un controsenso e in effetti lo è. 

Perché non sei in grado di destare nessuna coscienza dal basso del tuo divano di casa, ma solo dall’alto di un podio di milioni di fan. La cosa difficile è non restare impigliato nella rete del proprio narcisismo. Altrimenti i buoni propositi si perdono e con loro anche le possibilità di modificare le cose che non vanno. 

A quel punto ogni anno cambia solo di numero e rappresenta solo l’ennesima occasione mancata.



domenica 19 maggio 2019

Cuori di ghiaccio e ghiacci che si sciolgono



Correvo per andare a prendere la metropolitana e nel mio frenetico percorso non c’era nessuno che mi facesse passare, qualcuno pur vedendomi affannata volutamente si metteva di traverso o non facilitava il mio passaggio. Ovviamente sono arrivata troppo tardi e le porte mi si sono chiuse davanti agli occhi, proprio quello che non volevo, rimanere lì con tutti quegli sguardi malevoli a bearsi dell’accaduto. 

Quando sono riuscita ad arrivare nel luogo prestabilito, era buio e ho dovuto cercare le chiavi che pensavo di non avere. Alla fine riesco ad aprire e nella casa tutti devono ancora rientrare, mi sembra il momento perfetto per dedicarmi ad una cosa che non faccio mai: guardare la televisione. Comincio a scorrere i canali e mi si presenta subito davanti la faccia compiaciuta di un uomo che porta i capelli in uno strano modo, sembra quasi indossi un parrucchino sgargiante e non so se potrò credere ad ogni singola parola che pronuncerà da quel momento. 

La mia curiosità mi spinge a non cambiare canale e ciò che mi toccherà ascoltare sembra il copione di un disastro annunciato. Veramente è quello che arrivo a pensare sentendo il tipo che parla senza interruzioni, le sue parole mi sembrano prive di senso logico e volutamente forzate. Dice che non c’è nulla di cui preoccuparsi perché i ghiacci non si stanno sciogliendo. Pura fantasia di scienziati in cerca di un po’ di notorietà, possiamo tranquillamente mantenere lo stile di vita attuale, nessun pericolo. 

Aggiunge che le parole di una bambina non sono ovviamente da prendere sul serio. Credo si riferisse a quel volto che avevo visto su un cartellone pubblicitario la mattina in metro. Non so a chi dare ragione, non so chi ci stia realmente prendendo in giro. Per principio voglio credere alle parole di un bambino, sempre che non sia stato troppo accanto agli adulti. Tutti quei milioni che ora seguono le sue parole come se fosse un profeta a pronunciarle. 

Mi chiedo se quelle persone sappiano che recitare uno slogan in piazza non serve a nessuno, l’unica cosa che non tradisce mai, che non riempie l’etere di inutilità è l’azione. Se credi fai, se parli e non agisci sei l’ennesimo perditempo di cui la società pullula. Sei disposto a modificare il tuo stile di vita? Mentre il tizio continua a inveire contro il cambiamento, a sbraitare contro quelli che boicottano la bistecca, contro gli ostruzionisti del consumismo sfrenato, la bimba fa proseliti, veri o presunti. 

All’improvviso mi ritrovo di nuovo in metro e non ricordo di esserci tornata. Ritrovo quelle facce ostili e a questo punto vorrei incontrare qualcuno di quei manifestanti, perché se sono le stesse persone ho idea che ci sia bisogno dell’intervento di un bravo analista. Non so cosa fare e quando seguo l’unica luce che forse mi riporta in superficie, mi sveglio di colpo. Dopo un sogno di portata mondiale, ti senti quasi importante ma di fatto non ne trai una morale. Non sempre almeno. 

Questa volta era diverso, quei personaggi esistono davvero e la situazione ha motivo di essere discussa, nel bene o nel male. Come mi pongo in questo spartiacque ideologico? Scelgo di seguire la scienza, l’unica che porta dei dati, che sperimenta sul campo, che non strumentalizza, non quella seria. Quindi decido di essere uno di quei manifestanti concreti, voglio essere meno parole e più fatti. 

Chissà se questo blog alla fine non sia contro ciò che aspirerei a  diventare, sono mie riflessioni, ma non vorrei che mi distogliessero dal portare a frutto un obiettivo. In fondo è pieno il mondo di opinionisti, c’è davvero bisogno di un ennesimo punto di vista? Sì se questo proviene da uno scrittore serio, uno che cerca di creare un prodotto da diffondere, per molti motivi, uno di questi potrebbe essere portare il pensiero ad un livello più concreto. 

La società di oggi si basa su prodotti, quindi bisogna stare al passo coi tempi. Un moderno sognatore con un occhio vigile ai repentini cambiamenti, che si avvale degli strumenti che la tecnologia ci propone. È solo un arrivederci, fino alla realizzazione del prossimo obiettivo concreto. 

Sto lavorando sull’uscita di Quando le foglie scadono su Amazon sia come e-book che come libro tradizionale per i nostalgici che amano sfogliare la cara, preziosa carta. Obiettivo successivo è l’uscita di alcuni racconti di supereroi, non i soliti però. Alla mia maniera, come siete abituati a conoscermi, senza spegnere il cervello tra una risata e l’altra. 

Se nel frattempo dovesse capitare qualche articolo interessante, lo porterò alla vostra attenzione, tanto per solleticare l’innata curiosità di ognuno. Perché alla fine se si crede fortemente in qualcosa di sano e costruttivo, è necessario portarlo avanti, la collettività abbonda di perditempo, ha invece dannatamente bisogno di fautori dell’evoluzione, di esseri pragmatici che riportino la società ad un livello vivibile da tutti, umana appunto. Che ognuno dia il suo contributo.


domenica 3 febbraio 2019

Un grazie può cambiare la vita



“Chi accoglie un beneficio con animo grato paga la prima rata del suo debito” disse l’immenso filosofo Seneca che catapulta nel nostro tempo una riflessione davvero importante. 
Ci ricorda che il vivere con animo grato e riconoscente per ogni avvenimento positivo che ci riguarda, è un passo importante per migliorare la qualità di vita propria e altrui. Sembra un concetto molto banale, quasi inutile da ricordare, ma non ai giorni nostri. Se ci si lamenta continuamente, di sicuro non si è ben disposti ad apprezzare ciò che la giornata o ancor meglio la vita ci ha regalato. 

Così facendo si fa in primo luogo un torto a sé stessi visto che diverse ricerche confermano come dimostrare gratitudine faccia bene alla salute. Diminuisce i livelli dell’ormone dello stress con effetti sullo stato di salute in generale, ovviamente anche quella psicologica, e a giovarne sono soprattutto le relazioni con il prossimo. Ed è questo il punto focale della questione ossia rivolgere un grazie alle persone che ci circondano per ciò che hanno fatto per noi o per ciò che realizzano continuamente e che forse noi diamo un po’ troppo per scontato. 

Al lavoro come in famiglia mostrare riconoscenza per un atto compiuto e dal quale traiamo beneficio non è un segnale di poco conto, migliora la qualità delle relazioni e a quanto pare anche la produttività. Sarebbe il caso che se ne rendesse conto chi è capo di una squadra di lavoro, lì dove ci sono persone meritevoli forse è il caso di far sapere quanto uno le apprezzi. Inciderebbe moltissimo sulla motivazione personale e quindi sul servizio reso.

Non ci resta che mettere in pratica tutte le buone intenzioni e verificare quanto ci si senta meglio dopo, mettendo in conto anche qualche sorpresa sul piano dei rapporti interpersonali. Magari qualche cuore duro si scioglie e lì dove vedevamo solo muri invalicabili ne ricaviamo uno spiraglio di luce. Cosa di cui avrebbe tanto bisogno questa società così proiettata su sé stessa. La medesima gentilezza e gratitudine per un atto cortese dovrebbe essere messa in campo proprio nel vivere quotidiano. Nei gesti compiuti con automaticità, fretta e poca attenzione. 

Pensando a quello che mi accade ogni giorno, l’autista del pullman che mi aspetta mentre corro per non perderlo merita di certo la mia riconoscenza, così come la persona che tiene la porta per farmi passare per prima o se la macchina rallenta anche in un punto non adibito al passaggio pedonale. Se in queste situazioni può bastare un semplice “grazie” visto che non abbiamo un livello di conoscenza con le persone che mettono in atto questi gesti gentili nei nostri confronti, diverso è il caso dei colleghi di lavoro o ancora di più per famigliari o amici. 

In questi casi esprimere la gratitudine spiegando in termini più dettagliati cosa di quanto loro fanno ci fa sentire riconoscenti è quantomeno doveroso e lo fa apparire un atto meno formale. In qualsiasi modo decidiamo di essere grati, dobbiamo renderci conto che se per alcuni può essere più facile aprirsi positivamente al mondo esterno, per altri è un’attitudine che va coltivata. 

Impegnarsi ad essere riconoscenti, può sembrare un’enorme forzatura e forse in molti casi lo è, ma i frutti che raccoglieremo successivamente meritano di gran lunga un tale sforzo. E poi non va sottovalutato l’effetto che il nostro cambiamento può avere sulla società intera, perché gesti di gratitudine come quelli citati, possono sembrare piuttosto insignificanti ma non è affatto così. 

Se un nostro comportamento viene apprezzato e ci viene dato atto di questa riconoscenza, ci sentiamo più ben disposti verso il genere umano. Quando pensiamo di vivere in un mondo cinico diventiamo diffidenti e non siamo a nostra volta inclini a compiere atti gentili. 

Un circolo vizioso che può diventare virtuoso se siamo i primi a mettere in atto un cambiamento. Prendiamolo come un atto di volontariato, perché spesso non è necessario compiere chissà quali imprese per sentirsi utili alla collettività e produrre qualcosa di concreto. Un “grazie” ha il potere di abbattere un muro, non mi pare poco per il nostro genere tanto propenso a costruirne. Il grazie può.

P.S.: Non posso quindi fare a meno di ringraziare coloro che mi hanno chiesto notizie del blog, visto che pubblico con molta meno frequenza rispetto al passato. Vi prometto che cercherò di essere più presente, mi fa piacere che continuiate a seguirmi. Spero di non deludervi e di nuovo…grazie!



domenica 4 novembre 2018

Anche il più forte se ne va



Scorrendo le pagine di un giornale poco prima di girare la successiva, la mia attenzione è stata rapita dall’immagine sublime e maestosa del re della foresta. L’animale che più di tutti è in grado di carpire i pensieri dei bambini e non solo, il protagonista per eccellenza, senza il quale la storia non si può scrivere o se manca è quella la storia. 

Il sovrano di una foresta sempre più in pericolo è ad un passo dal lasciare lo scettro, dall’abbandonare la scena di un mondo al quale non appartiene più. La sua sparizione lenta e costante rappresenta la cronaca di un pianeta che deve rallentare, necessariamente. E riflettere profondamente. 

Perché se non decidiamo di farlo volontariamente, non avverrà in maniera naturale. Ciò che siamo in grado di fare è procedere in maniera veloce, frenetica, senza voltarsi a guardare. Ma lui questo non lo merita. Lui è il leone, il fedele compagno di un’infanzia, temuto e adorato. Le notizie che lo riguardano sono allarmanti. 

Ormai scomparso dal Nord Africa, nelle altre porzioni di territorio africano dove sopravvive è in estremo pericolo  e la notizia più triste è la quantità di esemplari persi in poche decine di anni. La tendenza continua ad essere in negativo e se non si agisce in qualche modo, tra qualche decennio i bambini di future generazioni dovranno accontentarsi di vederne raccontate le gloriose gesta da una casa di produzione americana. 

In fondo nulla di diverso da quello che potrebbe accadere con altre specie, più o meno imponenti, più o meno famose. Ma questa volta è diverso proprio perché lui è notoriamente il più forte. Che succede quando quelli che hanno una resistenza più elevata, coloro che tendono ad avere la meglio nelle situazioni, temuti ma apprezzati, soccombono? Vuol dire che le cose non stanno più seguendo il loro andamento fisiologico, significa che è l’uomo stesso a decidere sulla selezione naturale e non più la natura. 

L’uomo sta definendo i confini di un mondo che ha scelto in base alle sue regole, di sviluppo basato sul profitto, sull’egemonia di uno stato su un altro più debole, di una specie rispetto ad un’altra. E quando è il leone ad avere la peggio, qualcosa mi dice che la situazione sta realmente cambiando. Per tornare ai tempi dell’infanzia, quelli scolastici in cui cominci a farti le ossa per prepararti a quello che sarà il duro teatro della vita, se sei fragile, sei anche una facile preda del più spietato che non è il più forte, ma solo quello più popolare. 

Il più forte è quello che mette in campo la sua superiorità fisica e morale per sovrastare il sopruso, per difendere chi non ce la fa da solo, per un nobile scopo. Anche la sopravvivenza della specie lo è, e risponde ad altre leggi che per quanto implacabili possano sembrare hanno un fine ultimo, ben preciso. Che succede se questi valorosi esempi di audacia cominciano ad essere sempre meno presenti? 

Non certo perché non c’è più bisogno di loro, la situazione attuale dimostra il contrario. Piuttosto hanno preso il sopravvento sentimenti quali l’individualismo, il prevalere a scapito di qualcosa o qualcuno, l’apparenza come identificativo di sè. 

Ed ecco che il forte che si mette davanti al bullo per difendere un principio, non ha abbastanza followers e il leone viene cacciato dalla foresta per far posto ad una piantagione, ad una moda, ad un insaziabile appetito. 

Qualcosa è pericolosamente cambiato, qualcuno più forte di tutto dovrà necessariamente ribaltare la situazione. A chi spetterà questo oneroso compito? 


domenica 12 agosto 2018

Se ami il tonno, odi la tartaruga



Pare proprio che il mondo abbia preso consapevolezza di un problema che nel tempo è diventato sempre più emergente, ma prima era solo nei pensieri dei ricercatori o di chi ha a cuore le sorti della natura. Non è lo smog, non è la deforestazione, non è lo scioglimento dei ghiacci artici, per quelli c’è ancora tempo o almeno così ci si augura. 

Lo scottante argomento di attualità è la plastica e la sua invadenza, la sua eterna durata che sfida il passare dei secoli, la sua pericolosa commistione con le creature marine, il suo albergare nei meandri più nascosti degli oceani. Ne avevo già parlato in un precedente post, preferendola ad una pietra preziosa semmai avessi deciso di mettermi al dito qualcosa che dura per sempre. 

Quella sì che sarebbe sopravvissuta non solo alla mia dipartita, ma avrebbe degnamente rappresentato la nostra epoca ad uno scienziato del futuro che, osservando l’anello, avrebbe sorriso pensando a quanto eravamo arretrati. Non solo perché non siamo in grado di riciclarla, se non in piccola parte, ma soprattuto perché siamo stati capaci di farla sbarcare dove non avrebbe dovuto, inquinando senza remore, pescando con metodi efficaci ma distruttivi. 

Persino il campione di Formula 1, Lewis Hamilton, ha allertato i suoi numerosi sostenitori su Instagram, con un video girato mentre è in vacanza in Grecia. Ho pensato che se un personaggio tanto famoso arriva a parlarne, allora è il momento di svolta. Quello in cui da una semplice chiacchiera, il problema passa ad una presa di coscienza e fa smuovere ossia cambiare i comportamenti. 

Questo è il passaggio cruciale, che si può solo sperare, ma sempre con una retrogusto di disillusione perché è noto quanto sia immensamente difficile far cambiare un modo di agire, soprattutto se non si è particolarmente motivati. Non basta dire che solo il 13% dei mari del mondo è incontaminato e solo perché sono troppo freddi, forse con il surriscaldamento ce la facciamo a raggiungere anche quelli. 

Può non essere sufficiente lanciare allarmi sulla microplastica, quella talmente piccola che può essere ingerita dai pesci e quindi entrare nella catena alimentare con effetti che gli scienziati stanno ancora studiando. Sono questioni che si considerando virtuali, non problemi reali, fino a quando non vanno ad incidere sul vivere quotidiano. Però se se entra in campo un personaggio famoso, allora la partita può ancora essere giocata, le chances di salvare l’ecosistema dalla distruzione aumentano. 

Hamilton si trovava in vacanza nella splendida Mykonos e la vista estasiata di tali bellezze naturali è stata rovinata dalla presenza invadente e fuori luogo della signora plastica. Il derivato che è diventato anche più famoso del suo progenitore, il petrolio, era lì a rovinare le vacanze di chi conta, ad occupare parte di una spiaggia che non ci si aspetterebbe interessata dalla questione. Non solo il luogo è stato pulito dall’illustre ospite, ma sono state date alcune raccomandazioni che magari raggiungeranno il cuore dei suoi milioni di followers. 

Dire di non comprare la plastica è certamente il consiglio migliore, ma anche quello meno applicabile o perlomeno non nel senso più letterale. Ci sono aziende che hanno fondato la loro attività sulla produzione di contenitori, involucri, buste, quando la legge è cambiata quest’ultime sono diventate biodegradabili. Dobbiamo aspettare che un legislatore si preoccupi di salvare l’ambiente? La risposta è no, il consumatore ha il potere di farlo. 

Ciò che viene prodotto è semplicemente quello che viene richiesto, anche se le aziende cercano costantemente di influenzare l’acquisto in modo da essere sempre le ultime a decidere. Se compriamo in grande quantità, più del bisogno reale, la produzione si allinea. Se non facciamo durare le cose, produciamo grandi quantità di rifiuti. 

Se mangiamo troppo, il cuore lentamente muore e con esso anche le risorse naturali. Se esageriamo con il consumo di tonno, mettendo in tavola ogni giorno scatolette, facciamo in modo che le grandi reti nella loro caccia selvaggia cattureranno anche la povera tartaruga e giorno dopo giorno la piccola, grande creatura resterà solo un bel personaggio da cartone animato. 

Come lei altre specie, che nel turbinio di una lotta spietata per la sopravvivenza, verranno trascinate via non per essere divorate. Sfortunati ospiti di un mare che non ce la fa più a saziare, triste teatro di innumerevoli intrecci di plastica abbandonati che continueranno a tessere la loro trama di sangue. 

Però io posso decidere di non rendermi colpevole di questa mattanza, se mangio il giusto, senza sprecare, se compro in minor quantità. Quando decido di non acquistare il tonno, sto dando una possibilità in più alla tartaruga. Non qualcun altro, ma proprio io. 
Sì, voglio decidere io in quale pianeta vivere.







martedì 26 giugno 2018

Le false notizie che confondono



Se addirittura la Commissione Europea si è mossa per porre rimedio urgente e significativo vuol dire proprio che la questione oltre che seria è anche grave. Per dirla tutta e quindi renderla ancora più preoccupante è stata definita “una vera minaccia per la coesione e la stabilità delle nostre società e per le istituzioni democratiche”. 

Insomma da starci seriamente attenti o come si dice familiarmente stare sul chi va là senza mai abbassare la guardia. Le false notizie, le bufale o per essere internazionali le fake news si annidano come vespe nei meandri più insoliti e senza preavviso irrompono spargendo veleno, inquinando il vivere sereno.

Tocca farci i conti giornalmente e quando meno te l’aspetti a proporti le bufale sono persone che conosci molto bene, che stimi e che non immagineresti mai come vittime di un qualsiasi raggiro. Invece circa una settimana fa tramite whatsapp mi arriva una notifica che riguardava un eventuale avvistamento di cane abbandonato da segnalare ad un numero verde o ad un cellulare. 

Inizialmente non lo avevo letto con attenzione, l’ho fatto solo in un secondo momento quando la stessa persona mi ha detto che si trattava di una bufala e si scusava per l’imperdonabile svista. Tra persone amiche ci si perdona tutto, ma chi sta dietro a questa redditizia finzione gioca anche sul fatto che i messaggi hanno oggi una diffusione rapida e massiva, che non si ha il tempo di verificarne l’autenticità e soprattutto non se ne ravvede la necessità quando la notizia viene inviata da un contatto conosciuto, una persona di cui ci si fida. 

E senza neanche rendercene conto diventiamo il vettore ideale attraverso il quale spargere il virus più letale e anche più pericoloso perché è infido, insidioso, silenzioso, veste i panni rassicuranti di una nonnina che dà consigli, che prepara succulente merende e che vuole solo il tuo bene. 

In realtà chi muove i fili di questo gioco planetario si frega le mani, pensando quanto sia stato facile fare profitti non solo economici, e di quanto sia facilmente influenzabile la popolazione mondiale. La quale non spende neanche un attimo del suo tempo per verificare che ciò che sta inviando al familiare, amico o conoscente sia una notizia che potrebbe effettivamente cambiargli in positivo la vita o, e qui viene il bello, rivelarsi pericolosamente dannosa. 

I motivi di tale inquietante gioco di società in cui i vincenti sono quelli che mettono in piedi l’informazione, la confezionano e la diffondono a regola d’arte sono certo legati al guadagno, ma non solo. Se telefono ad un numero fasullo creo profitto a qualche malintenzionato, se vado su internet attraverso un collegamento e magari inserisco i dati della carta di credito rischio che altri la esauriscano a mie spese. Purtroppo questa è solo una piccola parte dell’enorme rete delle informazioni false e tendenziose.

Basti pensare alle dicerie o pettegolezzi che riguardano la reputazione di una persona, storie inventate e alimentate da un sentimento negativo che passano di bocca in bocca e lentamente screditano, fanno terreno bruciato attorno ad un nome senza che gli untori si siano neanche mossi dalla loro poltrona. 

E anche quelli che dicono di non essere influenzati da quanto arriva alle loro orecchie, in realtà hanno una mente più laboriosa delle intenzioni, che, nei meandri più profondi della coscienza, ha costruito un poco democratico pregiudizio dal quale l’ignaro destinatario dovrà continuamente difendersi.

Il meccanismo della diffusione mediatica delle bufale è il medesimo e riguarda tutti gli ambiti anche quelli piuttosto insidiosi dell’alimentazione e della salute. Qui i danni sono pesanti e non è stato ancora esaurito l’effetto domino di informazioni prive di evidenza scientifica che hanno creato il pregiudizio su alimenti o ancor peggio farmaci salvavita. 

Bisogna ammetterlo, è stato un gioco al massacro, una vera e propria demonizzazione di questo o quell’alimento, che ha portato in massa ad un’eliminazione totale dalla dieta senza che tutte queste teorie fossero supportate da uno straccio di evidenza scientifica. Pare che il glutine, la farina bianca e il latte siano stati quelli più massacrati e su quest’ultimo si è scritto addirittura che provocasse il cancro. 

Ho voluto vedere io stessa quanto fosse facile smentire la notizia che creava attorno a questo alimento un’infamante reputazione. Esiste un elenco di sostanze dimostratisi realmente cancerogene stilato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e non solo il latte non è contemplato, ma chi ne esce male è la carne, soprattutto quella lavorata, che se consumata tutti i giorni si rivela piuttosto pericolosa. 

Ricordiamocelo quando ci troviamo davanti al banco dei salumi o in procinto di comprare l’ennesima bistecca. Astenendoci compiremo un atto di clemenza verso noi stessi e il pianeta.

Credo che dovremmo cominciare a fare esattamente questo, prima di buttarci senza regole nella rete della diffusione compulsiva, prendiamoci del tempo per pensare e verificare, il tempo che i burattinai sperano di avere dalla loro parte, che crea scompiglio e fa cadere le certezze. 
Quello necessario a creare falsi miti, il tempo che serve per raggiungere il proprio scopo.



domenica 3 giugno 2018

Un caffè con il Maestro



La storia scrive nel suo lento ma anche veloce trascorrere, brutte pagine di violenza e sopraffazione che dovrebbero indicarci una diversa strada per il futuro progredire della specie. Ci troviamo nell’anno 2018 ed è ancora lontano un punto di svolta, quello che ci porterà ad una concezione del vivere insieme sullo stesso pianeta del tutto differente da quella odierna. 

Nell’altra faccia della stessa medaglia, quelle pagine ci mostrano la parte luminosa dell’essere umano, incredibilmente ingegnosa, che sfida le leggi del tempo. Ed eccoci che noi stessi rimaniamo estasiati ad ammirare i frutti di un così grande intelletto, nella speranza che prenda il sopravvento sulla parte oscura, quella che non vorremmo ci appartenesse. 

Impossibile non cedere alla tentazione di una beata contemplazione di quanto è stato prodotto in campo artistico soprattutto per chi vive in un paese quale è l’Italia che ha dato i natali a uomini di ingegno e talento superiori, ineguagliabili. 

Decido che è giunta l’ora che torni in quel di Firenze, culla d’arte e sapere, luogo privilegiato dove speri di perderti in solitudine circondata da tanta bellezza, per la quale non sono ancora stati coniati i giusti termini per descriverla. Ma rimango delusa, perché quella solitudine è una chimera. 

Come biasimare migliaia e migliaia di persone che come me desiderano bearsi di tale magnificenza, interrogandosi sul come sia possibile che l’essere umano sia in grado di creare così tanta bellezza e macchiarsi di orrendi crimini. Quando decido di concentrarmi su ciò che vedo distogliendo il pensiero dal lato oscuro, ha inizio un’esperienza totalizzante. 

Immersa in un luogo reso eccelso dai suoi artisti, il cui talento fu alimentato fino a raggiungere livelli impensabili da grandi estimatori delle arti e della cultura quali erano i Medici. Fino all’ultimo atto di generosità verso le generazioni future, Il Patto di Famiglia firmato dall’ultima rimasta della casata, Anna Maria Luisa de’ Medici che di certo la fa ricordare per la sua saggia lungimiranza. Grazie a lei, chi è venuto dopo, il casato asburgico dei Lorena non ha potuto portare via nulla, tutte le opere d’arte dovevano rimanere per ornamento dello Stato, utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri

Ed è così che entrando a Palazzo Pitti, ogni stanza pullula di tale meraviglia firmata da nomi quali Tiziano, Tintoretto, Botticelli, che non si sa dove posare lo sguardo che inquieto continua il suo vagare fino a quando si ferma perché non riesce a staccarsi dalla celeberrima creazione del David alla Galleria dell’Accademia. Giorgio Vasari artista e storico contemporaneo di Michelangelo scrisse “…E certo chi vede questa non dee curarsi di vedere altra opera di scultura fatta nei nostri tempi o negli altri da qual si voglia artefice…”

Parla delle opere altrui ma il Vasari è coautore di un Giudizio Universale dipinto all’interno della cupola della Cattedrale che mi tiene con il collo piegato in totale e devota ammirazione, la stessa che mi fa dimenticare del rumore delle voci e del susseguirsi delle braccia che si sovrappongono a fermare l’immagine della sublime, incantata Venere del Botticelli agli Uffizi. 

Dopo un’altra giornata che mi rimette in pace con il mondo e mi fa ancora avere fiducia nel genere umano, mi fermo ad un caffè per riposare il fisico provato da tanto girovagare.
Il luogo è particolare, caldo e sofisticato, sento che potrei passarci interi pomeriggi a scrivere.

Nel lento calare della sera, non riesco ancora ad elaborare tanta bellezza assorbita tutta d’un fiato e mentre aspetto che la cioccolata si freddi, mi giro verso lo specchio che riflette l’immagine di un uomo che non ho visto entrare, vestito in abiti di altra epoca, nella qual barba lunga e non curata ho creduto di riconoscere il maestro Michelangelo Buonarroti.

Si siede davanti a me, sistema le sue vesti come se non fosse la prima volta in quel luogo. 
“Quando lascerà la città?” 
Non so se faccio parte di una fortunata casualità o se sono l’ennesima turista con cui decide di scambiare qualche parola, potrebbe anche essere la terribile stanchezza a giocarmi un brutto tiro.
Lui non si fa scoraggiare dal mio silenzio.
“Capisco quanto possa essere difficile, io quando ho dovuto partire per Roma, lasciando alcune opere non ancora compiute, non ho dormito le notti seguenti.”
E se fosse tutto vero per quanto terribilmente assurdo? Non posso perdere quest’opportunità. Mi faccio forza e comincio a pensare a tutto quello che vorrei domandargli.
“Maestro è un onore per me, stare qui con lei. Le sue opere la rendono eterno.”
Scoppia in una risata benevola. “Sono qui a dimostrarlo! In verità sono solo un’artista che ha saputo fare bene il suo lavoro.”
“Come può essere così modesto? Lei ha creato dei capolavori!”
“Così son stati giudicati e ne sono felice, ma ricordi… la bellezza è negli occhi di chi guarda e ammirare un’opera d’arte è un viaggio del tutto personale.”
“Ciò che oggettivamente è bello non può essere giudicato altrimenti, chiunque non può affermare il contrario” dissi con decisione.
“L’uomo è capace di distruggere il bello, e le macerie sono tutte uguali.”
“Ma è stato anche capace di salvare molte opere dai danni dell’Arno o del tempo che passa.”
“La crudeltà o la beatitudine son delle scelte. Quando tutti decideranno di cercare solo la bellezza, quella spirituale, allora cesseranno le meschinità.”
A quel punto non potei fare a meno di chiedergli: “Maestro, esiste Dio?”
Lui sorrise toccandosi la lunga barba: “La fede è nel cuore di chi crede…”

Rimasi qualche secondo attonita. Sono sicura che non mi avrebbe fatto la scortesia di non rispondere alle altre domande che avevo in serbo, ma commisi l’ingenuità di abbassare lo sguardo verso la tazza di cioccolata fumante che man mano disperdeva il suo calore.

Quando lo rialzai lui non c’era più. Svanito come il vapore che lentamente si disperdeva davanti ai miei occhi. 

Con un po’ di dispiacere mi voltai verso la cupola del Brunelleschi, immersa nell’oscurità del cielo, in sospeso tra pioggia e tramonto. Non avevo parole per descrivere la bellezza di ciò che stavo osservando. Anzi sì. Sublime.