mercoledì 25 aprile 2018

Nella Giornata della Terra meglio non parlare della Terra



Il 22 aprile è stata celebrata in tutto il mondo come giornata dedicata alla Terra, niente di più facile che unirsi al coro unendo qualche riga alle tante scritte a favore di un globo maltrattato. Mi sembra così lontano quell’anno, il 1992, durante il quale ebbe luogo a Rio de Janeiro la prima conferenza mondiale dei capi dei governi di tutto il mondo che si riunivano per parlare di ambiente. 

Ci si stava rendendo conto che qualcosa nello sviluppo dell’umanità è andato storto e forse era il caso di mettersi attorno ad un tavolo, come fanno le brave famiglie, per parlare di un problema e porre rimedio in tempo utile prima di un grosso guaio. 

Il prendere atto che l’azione dell’uomo stava influenzando un cambiamento climatico già in corso o che lo smog era una pericolosa arma di uccisione di massa era un primo, grande passo verso un cambiamento. Lo è se mosso da una reale e preponderante voglia di modificare le regole di un sistema, se si è onesti nel voler mettere da parte i vantaggi personali che derivano da uno stato di cose in virtù di una ragione superiore. 

Siamo al vero, grande intoppo in cui l’essere umano il più delle volte inciampa, il rinunciare ad un personale tornaconto a favore di un interesse collettivo, di una condivisione globale di benessere e serenità di cui alla fine beneficiano anche quelli che se ne vorrebbero tirare fuori. 

Da allora, anno dopo anno, il problema dell’ambiente ha preso sempre più forma diventando una questione della quale il galateo avrebbe suggerito di non disinteressarsi, la forma nella moderna società dell’apparenza va sempre preservata. 

Ecco allora che hanno cominciato a spuntare le giornate della bontà, dedicate a qualche questione umanitaria o ad un aspetto importante che non bisogna dimenticare. L’acqua, l’aria, la Terra o la gentilezza. Fiumi di parole e decaloghi vari in cui esperti o meno, dicono la loro su come salvare un pianeta dalla distruzione, un mare dall’avvelenamento cronico o un cuore dall’incurabile indurimento. 

Ci sarebbe da farsi i complimenti, perché da quel lontano 1992, di strada verso la consapevolezza ne abbiamo fatta, ma in termini di conseguenze pratiche la situazione è peggiorata quindi stiamo al punto in cui sappiamo che c’è un problema ma non siamo in grado di uscirne o più semplicemente non vogliamo. In entrambi i casi abbiamo bisogno di un aiuto serio che ci insegni a mettere in piedi un sistema di vita completamente diversa. 

Perché la Terra non è il paziente da curare, è solo uno specchio in cui poter osservare il declino dell’umanità, il fallimento di una società basata su principi che non conducono al benessere, quello vero, che non è rappresentato da quello economico, anche se nel nostro caso purtroppo coincidono. 

Una moltiplicazione di prodotti e sentimenti che spinge verso il soffocamento, una totale concentrazione su sé stessi che fa dimenticare il resto, e durante l’affannosa corsa verso questo famigerato appagamento distruggiamo alberi e cuori. 

I politici che nel tempo hanno disatteso le promesse di Rio sono andati di pari passo con i poteri economici che sostenevano una produzione di massa alimentata dai consumatori che siamo noi, quindi tutti ma proprio tutti sono i responsabili di questo sfacelo planetario. Incentrato sulle necessità individuali basate su bisogni non essenziali che la società ha fatto diventare irrinunciabili, ragion per la quale è inutile parlare di alberi da non abbattere a chi fa del consumismo ingiustificato una ragione di vita. 

Sarebbe più efficace se i governi di tutto il mondo mettessero in piedi politiche di diffusione di valori quali la condivisione, il rispetto della collettività da considerare come entità superiore all’individuo stesso. Ci è stato detto più volte che noi siamo importanti, ci è stato spiegato quanto sia necessario valorizzarci come individui, come trovare la strada verso la felicità. 

Qualcuno ci avrebbe dovuto dire che questo sentiero va tracciato nel bel mezzo di una moltitudine di altre creature, di carne, ossa e clorofilla e se decidiamo di non fare attenzione, calpestando e schiacciando, ne paghiamo le conseguenze. 

L’uomo ha bisogno sia dell’aiuto che della compagnia dei suoi simili, nonché di quanto per sopravvivere trae da piante ed animali, potremo quindi continuare ad esaltare la nostra individualità fino a renderla un odioso egocentrismo?

Siamo importanti in quanto parte di un insieme, senza il quale siamo niente. Il sentirsi al centro dell’Universo non ha ragion d’essere su un pianeta che probabilmente all’interno di una vastità spaziale è a sua volta un puntino molto piccolo. 
Ma cosa sarebbe quella vastità senza quel puntino?



domenica 8 aprile 2018

Gli eccessi che posso evitare


Durante i giorni in cui si celebra una festività si tende a mangiare molto più del normale o comunque cibi che abitualmente non vengono considerati nella propria dieta. Non è certo il momento migliore per mettere in atto delle restrizioni o dare seguito ad un buon proposito. 

È però una bella occasione per riflettere sulle quantità di tutto ciò che mettiamo in tavola e sul fatto che il più delle volte esse sono superiori a quanto veramente sia necessario per vivere in salute. Perché spesso la partita o meglio le tante partite delle quali siamo protagonisti più o meno consapevoli e il cui esito ci porta alla felicità o al suo contrario, si giocano sugli eccessi. 

La capacità di misurarsi, di capire quando si sta arrivando al confine che divide l’area della giusta quantità da quella dove ogni limite viene superato, può fare la grande differenza. Spesso nei luoghi dell’abbondanza dove pensiamo di trovare la felicità ci troviamo invece a fare i conti con le conseguenze degli eccessi perpetuati per anni e si deve passare il resto dell’esistenza a rimediare e magari non si ha una vita intera per farlo. 

Una di quelle partite riguarda il come ci alimentiamo, il più delle volte superando quel limite in eccesso, rendendo concrete conseguenze negative per la nostra salute e per quella di tutte le bellezze naturali che ci circondano. Il mangiare più di quanto necessario è inquinante per l’organismo e per la Terra perché per generare e trasportare ogni alimento che trangugiamo si è prodotta una certa quantità di anidride carbonica. 

La quale sta causando i cambiamenti climatici che già sono in atto. Ci sono cibi che sono molto inquinanti ossia per produrre i quali si genera molta anidride carbonica e ad altri gas nocivi, la carne bovina è in cima a questa lista. L’aria inquinata ha necessità di molto ossigeno per essere “purificata” quindi se fossimo così saggi dal salvaguardare gli alberi che popolano il nostro pianeta potremmo salvarci da un clima che cambia irrazionalmente. 

Invece continuiamo a disboscare, a far cadere giù grandi arbusti e con essi la più vivida speranza di riportare la lancetta entro quel confine di giusta misura. Ci sono persone che cercano con tutte le loro forze di combattere questo ripetuto eccedere di atti brutali contro il patrimonio naturale, in particolare in Amazzonia, e stanno pagando con la loro stessa vita. 

In realtà coloro che distruggono la natura che ci circonda lo fanno per rispondere alle necessità di una popolazione mondiale che spinge sul pedale dell’eccesso che a lungo termine è causa di infelicità, anche se al momento dà appagamento. Si mangia troppo, si consuma a dismisura, si usa esageratamente l’automobile. 

Se si parte dalla consapevolezza che ogni bene alimentare e non che viene prodotto corrisponde ad una certa dose di inquinanti dispersi in aria, terra o acqua possiamo anche solo immaginare quanto il nostro stile di vita incida sulla qualità di vita. Gli alberi che ingombrano vanno buttati giù per fare spazio agli allevamenti intensivi che devono rispondere alla domanda globale di carne e questo è solo un esempio. 

Anche il tonno di cui abusiamo in cucina trasforma i mari in terreni di caccia all’interno dei quali intrappolare il maggior numero di pesci che dovranno soddisfare i miliardi di palati che senza quell’ingrediente onnipresente non riescono a vivere. 

Gli adolescenti statunitensi, e in molti paesi europei continuano ad ingrassare e loro sono certo la brutta faccia di una medaglia il cui lato buono, rappresentato dal buonsenso, comincia a dare segni di offuscamento. 

Quello di cibo tra tutti gli eccessi è uno dei più dannosi perché agisce su vari fronti con un effetto a cascata difficile da prevedere. Intanto rifletto sugli altri eccessi che governano la quotidianità. Quando avrei potuto evitare di dire più del necessario o quando ho sbagliato in difetto non pronunciando una parola di conforto. 

Nella nostra costante imperfezione possiamo cercare di aggiustare il tiro e provare a migliorarci, sempre che si abbia la consapevolezza che c’è qualcosa da cambiare. Per il momento posso pensare a quanto le mie esagerazioni, in eccesso o in difetto, incidano su chi o cosa mi circonda.

Dorian Gray direbbe che una vita troppo misurata potrebbe risultare noiosa. Sono certa che se avesse potuto tornare indietro e rinunciare al piacere per salvare l’anima, lo avrebbe fatto. Neanche lui ha avuto la fortuna di vivere due volte.