domenica 22 ottobre 2017

Se è un bene che ci sia il male


Nella escalation terroristica dell’Isis più di una persona si è domandata come mai l’Italia sia rimasta fuori dagli obiettivi prioritari di un’organizzazione che si prefigge di punire gli infedeli, tutti coloro che non accettano un’interpretazione rigida e piuttosto estrema dell’Islam. Secondo questa religione Allah è l’unico Dio e Maometto ne è il messaggero. 

Partendo da queste scarne e semplici considerazioni è piuttosto logico pensare che un paese simbolo della cristianità e sede di colui che è considerato il successore di Pietro, il capo della Chiesa di Roma, debba essere visto, da coloro che professano il rigido precetto islamico, come un luogo di perdizione. 

Al pari di ciò che la Santa Inquisizione cattolica metteva in atto contro gli eretici, i sovversivi, streghe e stregoni, accusati di essere servi del demonio, contrari ai dogmi dell’ortodossia. Ad ogni eretico bruciato vivo, la religione era messa in salvo, purificata dai tentativi di sacrilegio di chi non rispondeva ai rigorosi canoni cattolici.

I secoli passano e oggi tocca a noi che viviamo nei luoghi con professione di fede cristiana ad essere considerati degli infedeli. Una macchia nella religione altrui che va eliminata per permettere quella purificazione, sempre attuale. Il fatto che ciò non si stia verificando su territorio italiano, pone degli interrogativi. Si potrebbe pensare che i sistemi investigativi e di spionaggio siano talmente efficaci che ogni tentativo viene sventato ancor prima di essere realizzato. 

Poco probabile visto che in giro per il mondo di certo saranno stati evitati alcuni attentati, ma per altri non è stato possibile, data l’intrinseca imprevedibilità dei singoli componenti. Insomma in questi casi non si è in grado di anticipare tutto soprattutto se la rete di contatti dell’organizzazione sa come muoversi sul territorio dove vive abitualmente. Ovvietà a parte, allora qual’è il motivo per cui un paese così a rischio come l’Italia sembra essere stato volutamente lasciato fuori dall’azione globale contro gli infedeli?

Leggo una notizia sul Corriere e questo amletico dubbio si scioglie come i ghiacciai di alta montagna. L’ex procuratore antimafia Macrì ci rivela che l’Isis è scesa a patti con la mafia nazionale o sarebbe il caso di dire che quest’ultima ha fiutato un’alleanza plurimilionaria e non se l’è fatta scappare. Una come si rende utile all’altra? Presto detto, la mafia controlla il traffico dei migranti verso l’Europa, perlomeno di quelli che riescono a raggiungere la terraferma dopo aver pagato il loro passaggio a miglior vita. Le due si dividono i proventi. 

A questo punto ho la sensazione di essermi persa qualche passaggio, in primo luogo dove è finita la parte religiosa di tutta la faccenda? Anche in questo caso mi viene in mente di nuovo la Santa Inquisizione che confiscava i beni degli eretici, i quali possedimenti non venivano considerati inquinati o impuri, potenza del denaro che sconfigge tutte le diversità. 

Nello stesso articolo viene annunciato come Milano sia la nuova capitale della droga, dove si fa il prezzo e qui mi domando cosa ne è stato invece dell’evoluzione culturale di un paese, il nostro, dove persino l’Isis riesce a trovare motivo per frenare la sua azione. 

Alla fine di tutte le considerazioni possibili, l’unica che sfida ogni opinione contraria è quella per cui la sola in grado di stare al passo con i tempi è la mafia stessa. Evolve nel modo in cui non ci si aspetterebbe, infrange barriere politiche, religiose, di razza, rivede le sue strategie se necessario. 

Da rumorosa attentatrice di macchine, palazzi e vite di ligi uomini di legge, diventa sempre più insondabile, silenziosa e si eleva di livello. Gioca a poker sulle nostre teste senza che ce ne accorgiamo, e mentre il popolo si affanna a nascondere il suo velato razzismo, lei con i “diversi” ci fa affari da nababbi. 

Non avrei voluto mai dirlo, ma credo che dovremmo imparare questo vedere oltre, tutto e tutti. Questo opportunismo al servizio dell’illegalità si bea di un progresso culturale che stenta a decollare e dove regna l’ignoranza il più scaltro dei commercianti si arricchisce e molto. 

Mi chiedo tra qualche centinaio d’anni quando il denaro potrebbe non farla più da padrone, in una società alla Star Trek, come riuscirebbe a sopravvivere una realtà così camaleontica come la mafia. A quel punto potrebbe essere talmente cambiato il contesto che la circonda che non esisterebbe più alcun appiglio per la sua evoluzione. 

A meno che non sfrutti i viaggi spaziali verso pianeti diversi dalla Terra, ormai inabitabile. Ma non è così che va a finire in Star Trek. 


domenica 1 ottobre 2017

Là dove finisce il mare


Nel punto dove l’acqua marina interrompe il proprio rapporto con il resto della sua immensità, si mescola alla terra dando vita a luoghi meravigliosi quali sono le spiagge. Ed è qui che la maggior parte delle persone cerca un contatto con la vastità oceanica, con ciò che consente la vita. Siano esse mete turistiche frequentate o territori ancora inesplorati, conservano un fascino unico in grado di mettere l’essere umano in relazione con la parte più profonda di sé. 

In fondo è nell’acqua che prendiamo corpo ed è lei che ci introduce alla vita, se rimaniamo a contemplarla da quel luogo in cui sceglie di fermarsi, decidiamo di ripartire dalle origini. La spiaggia può diventare un territorio magico, di cambiamento, ma anche spietato quando non riesce a fermare l’inquietudine della corrente. 

È nostro compito proteggerla, salvaguardarla, è la parte di nostra competenza, quella affidata alla nostra cura. In giro per il mondo l’uomo ha messo in atto una serie di misure per cercare di preservarla, di tenere a bada la forza distruttrice della natura per quanto possibile. Un’energia che erode quotidianamente, che cerca di farsi strada oltre i propri confini privando l’uomo dell’ultima frontiera che lo divide dagli abissi marini.

A tutti noi che non siamo esperti degli interventi da poter mettere in atto in questi casi, avremmo pensato semplicemente ad aggiungere ciò che viene portato via dal mare. Prelevare la sabbia dove ce n’è di più per mantenere l’estensione dove rischierebbe di sparire per sempre lasciando solo i ricordi di un paesaggio irripetibile. In effetti è proprio quanto viene fatto in alcune spiagge in giro per il mondo, a quanto pare è un intervento meno costoso di altri ed è efficace. 

A Miami pare sia un processo ormai consolidato con lo spostamento programmato di diversi metri cubi di sabbia che andranno a rimpiazzare quella erosa, e la spiaggia è ancora lì a simboleggiare un intervento dell’uomo provvidenziale. Per una delle rare volte in cui non distruggiamo qualche ecosistema, ci sarebbe da andarne veramente fieri. 

Sembrerebbe quasi un finale da favola e invece tocca fare delle distinzioni che, guarda caso e purtroppo, riguardano il nostro paese. Il quale di patrimonio naturalistico ne ha da vendere, ma non pare averne altrettanta cura, anzi spesso lo maltratta o lo trascura al punto che il lavoro sporco di distruggerlo viene lasciato agli agenti atmosferici e al tempo che scorre. 

Anche nel caso delle spiagge che spariscono la storia non cambia e si deve assistere dolorosamente alla morte prematura di luoghi bellissimi divorati dalle acque che, invece, il loro compito lo compiono incessantemente ogni singolo giorno che il sole ci concede. Per dovere di cronaca va detto che alcuni interventi sono stati compiuti, peccato che non fossero quelli opportuni tanto che hanno finito per essere controproducenti. Diciamo che la fantasia non ci viene a mancare quando si tratta di gettare colate di cemento dove non si dovrebbe. 

A ridosso del mare non sarebbe il luogo più indicato per ergere palazzi e in verità dove si costruiscono barriere insormontabili siano esse case, muraglie o lungomare di asfalto l’acqua distrugge senza pietà e le spiagge anno dopo anno diventano sempre più un ricordo. Però è quello che si fa in Italia, con il tristissimo risultato di chilometri di sabbia divorati dal mare e luoghi incantevoli cancellati per sempre. 

Il clima cambia e i diversi paesi si devono adeguare se non vogliono perdere parte del loro territorio. Nel nostro paese si devono modificare, in primo luogo, le cattive abitudini che fanno sperperare denaro senza un vantaggio per la collettività. 

Ci piace vantarci di avere posti incantevoli e ne è la prova il turismo internazionale che sceglie l’Italia come meta. Bisognerebbe iniziare a dimostrare che ci teniamo davvero. Quando un pezzo di natura svanisce è una perdita pesantissima per la comunità internazionale, perderla per negligenza, incuria o peggio perché ha prevalso l’interesse personale, è inaccettabile. 
Si spera che per tutto questo siano gli italiani a sentirsi più indignati e non solo i turisti.