martedì 18 luglio 2017
100° post e un ringraziamento speciale
Se penso che sono passati più di due anni da quel giorno in cui decisi che non volevo continuare a scrivere senza far sapere nulla della mia passione, senza che gli altri venissero a sapere cosa ne penso di questo o quell'argomento. Con il tempo qualche insicurezza si è sciolta lasciando il posto alla convinzione che se riesco ad osservare bene la realtà che mi circonda, posso regalare agli altri riflessioni che si sono perse nella velocità del vivere quotidiano.
Ho pensato che ciò che ci manca è proprio deconcentrarci da noi stessi e lasciare una parte di neuroni dedicati ad elaborare cose che non ci riguardano personalmente. Né noi né nostri familiari, altre persone che neanche conosciamo ma che, per qualche motivo, incrociamo lungo il nostro cammino.
Cominciare a riflettere sul perché certe persone si comportano in un certo modo e se possiamo fare qualcosa per cambiare determinate situazioni. L'immobilismo dovuto all'eccessiva concentrazione sulle nostre esistenze é il peggior frutto della società moderna.
Non è stato facile parlare di alcuni argomenti, anche perché il rischio di rimanere fossilizzati sulle proprie convinzioni è sempre altissimo e aprirsi al punto di vista dell'altro é compito piuttosto impegnativo per un essere umano. La storia insegna. Non pensavo che sarei riuscita ad essere costante, ma ora che sto scrivendo con il treno in movimento mi fa pensare che la motivazione é stata sempre più forte, anche più della stanchezza.
Ecco perché continuo a pensare che le passioni vadano coltivate. Sono terapeutiche, perlomeno per me la scrittura lo è stata e renderla pubblica credo anche di più. Oggi che mi trovo a scrivere il 100° post posso dire che è stata un'avventura fantastica. Sentire persone che mi leggevano e poi sentivano il bisogno di condividere con me il loro punto di vista è stato gratificante, ancor di più sapere di aver suscitato una riflessione.
Oggi però questo post rappresenta soprattutto l'occasione per ringraziare di cuore le persone che hanno preso parte alla prima presentazione del mio libro "Quando le foglie scadono". É stata una serata appassionante, ricca di domande, interesse e curiosità. Hanno partecipato lettori attenti, seri e sinceramente coinvolti dal tema trattato. Né è nato un dibattito durato circa due ore che ha fatto scorrere il tempo più velocemente.
Sono arrivata alla fine, insieme al relatore nonché consulente scientifico dell'opera Daniele Bianchini, senza neanche rendermene conto, tanto era stato il coinvolgimento. Non sono abituata ad esposizioni in pubblico e ne ero intimorita, e invece non potevo avere platea migliore. Persone appassionate di fantascienza ed estremamente curiose che si sono dimostrate interlocutori vivaci e attenti.
La presentazione è durata più del previsto, ma alla fine ero veramente soddisfatta, anche perché penso di non averli annoiati e per uno scrittore/oratore non è mai una cosa scontata.
Spero che il libro non vi deluda e vi restituisca il dovuto ringraziamento.
mercoledì 12 luglio 2017
L'immensa soddisfazione di aver raggiunto un traguardo
Quando ho cominciato a ragionare che volevo davvero realizzare qualcosa di concreto per proteggere la natura, istintivamente il mio pensiero è andato a una delle cose che mi piace più fare ossia scrivere. Anche se avevo in mente i protagonisti e in linea generale la storia, la cosa che più mi ha aiutato a concretizzare il mondo di “Quando le foglie scadono” è stato scriverlo.
Sembra un’ovvietà ma è andata proprio così. Man mano che fissavo le parole sulla pagina bianca, ciò che avrei dovuto scrivere dopo non era altro che una conseguenza. Come se la storia si scrivesse da sola. Ma scrivere un libro rappresenta un progetto veramente impegnativo e il traguardo non sembra mai raggiungibile.
Soprattutto per il fatto che si svolge in un periodo di tempo molto lungo, anche anni e la vita non è mai così regolare da permettere un andamento lineare. Succedono tanti avvenimenti, a volte tristi, che fanno distogliere dall’obiettivo, che rendono più pessimisti e fanno pensare che forse è un’impresa impossibile.
Però qualsiasi cosa accada, il pensiero, prima o poi, torna lì, dove tutto si è interrotto. E sapere di essere stati sconfitti ancor prima di provarci, fa sentire piuttosto scontenti di sé. Alla fine la motivazione fa sempre la differenza e non fa desistere, nonostante tutto. È passato qualche anno da quel proponimento di cui ho parlato all’inizio, e tante vicissitudini mi hanno forgiata, ma mai per un attimo ho voluto mollare.
La tenacia ha dato il suo frutto e ora posso toccare con mano quell’incredibile storia che balenava tra i pensieri in fermento. “Quando le foglie scadono” non è solo il mio libro, ma è un traguardo raggiunto. La dimostrazione che quando si vuole fortemente una cosa la si può ottenere, e parlo soprattutto di qualcosa che dipende solo dalla nostra volontà perché se c’è di mezzo quella altrui allora le possibilità di successo non sono mai certe.
Anche in questo caso bisogna comunque provarci perché vivere di rimpianti può essere piuttosto avvilente. Tornando a me, mentre la storia si scriveva da sola, io vedevo la sua naturale conclusione sempre più vicina. Avevo creato un mondo, dei personaggi e solo io avevo possibilità di fare in modo che le cose andassero in un certo modo.
I capitoli però sono andati avanti e la storia si è svolta in quel mondo, esattamente così come avrebbe dovuto. Sembrerebbe quasi che lo scrittore non abbia potere su quanto lui stesso sta scrivendo e in verità quando si vuole che qualche idea brillante illumini, questo accade solo continuando a scrivere. Ho avuto l’impressione che la storia era lì, da qualche parte nell’etere, che attendeva qualche mano che la fissasse sul foglio.
Potrebbe entrarci qualcosa Prodigiosa, uno dei personaggi più avvincenti del romanzo, e io mi rimetto umilmente al suo volere. Spero che anche il pubblico si senta attratto dai personaggi e vedendo la proiezione di un mondo sull’orlo del disastro ambientale, improbabile ma non impossibile, cominci a riflettere su quanto di più prezioso dobbiamo salvaguardare.
Presenterò a voi tutti questo mondo sabato 15 luglio alle 19.30 a Roma presso il locale Gente di San Lorenzo e mi auguro che anche voi ne rimaniate affascinati e spaventati, esattamente come è successo a me. Ancora prima di scriverlo.
Presenterò a voi tutti questo mondo sabato 15 luglio alle 19.30 a Roma presso il locale Gente di San Lorenzo e mi auguro che anche voi ne rimaniate affascinati e spaventati, esattamente come è successo a me. Ancora prima di scriverlo.
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Quando le foglie scadono
domenica 2 luglio 2017
Un esame di maturità può essere illuminante
“Non uccidete il mare
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: “Come
potrebbe tornare a esser bella,
scomparso l’uomo, la terra”.
Questi versi di Giorgio Caproni hanno costituito una delle prove di italiano dell’esame di maturità di quest’anno e ispirano riflessioni profonde sul rapporto tra l’uomo e la natura. Non certo sereno, sempre di sfruttamento e mai rispettoso, continuamente orientato ad un profitto personale e noncurante dei terribili risvolti sull’esistenza.
La società moderna si è mostrata disinteressata a chi deliberatamente ha creato un danno nell’ecosistema, anzi a volte chi si è macchiato di queste azioni è stato, magari in altri ambiti, premiato. La cruda verità è che la natura non ha bisogno dell’uomo e anzi senza la sua presenza tornerebbe ad una bellezza antica, ad uno splendore primordiale, una quiete ormai perduta per colpa di una convivenza forzata e ormai insostenibile.
Ma l’uomo sì, ne ha un disperato bisogno. E come pensa di poter continuare a vivere distruggendo la fonte della sua stessa sopravvivenza?
Se un ragazzo si pone questa domanda, allora non siamo ancora perduti. C’è sempre la speranza che una riflessione profonda porti ad un cambiamento. Il fatto che sia la scuola a suscitarla, rincuora e può rivelarsi un evento non privo di conseguenze.
Esattamente come quando nell’ormai lontano 1992 mi trovai ad affrontare un esame di maturità che rivelava quanto fosse stata sbagliata la scelta degli studi superiori, ma si sa a quell’età non si è abbastanza lungimiranti. E tra conti matematici e prove di contabilità cercavo di riscattarmi, mettendomi alla prova su ciò che sapevo fare meglio, scrivere. E l’occasione si presentò, incredibilmente invitante.
Un tema sul summit di Rio de Janeiro in svolgimento in quei giorni, la prima vera, grande conferenza sulla questione ambientale e lo sviluppo. Si è cominciato a parlare di sviluppo sostenibile quindi, argomento che sarebbe diventato di uso quotidiano quasi trent’anni dopo.
Difficile spiegare il perché cominciai a pensarci qualche giorno prima, sì se ne parlava ma proprio perché troppo attuale fu scartato da tutti come possibile argomento. Io invece ho continuato a pensarci insistentemente e mi sono creata parecchie storie possibili in merito alle conseguenze di uno sfruttamento nefasto dell’uomo sulla natura.
Ed è quanto ho scritto alla prova ufficiale. Ho ricevuto molti complimenti dalla commissione, ma la mia più grande soddisfazione è stata quella di cogliere un segnale. Per quanto, per molti anni ancora non avrei avuto il coraggio di seguirlo di nuovo.
Perché se è vero che spesso la vita ci distoglie da quelle che sono le nostre predisposizioni, in realtà fa di tutto per riportarci esattamente lì dove il discorso si è interrotto. Ed è stato in momenti molto bui che ho voluto ricominciare da ciò che mi faceva sentire veramente bene, scrivere e impegnarmi concretamente per preservare la natura. Venticinque anni dopo di nuovo un esame che parla del rapporto tra uomo e natura, e questa volta lo fa in termini più drammatici.
Sono lontani i tempi di Rio in cui i paesi partecipanti potevano permettersi il lusso di impegnarsi solo a parole, ora abbiamo un immediato bisogno di azioni concrete. Io per prima, mi sono impegnata a fondo, ma questa volta non per una lettura destinata a pochi membri di una commissione d’esame ma un intero pubblico di lettori.
È presuntuoso sperare che un libro porti un cambiamento?
Potrebbe, in realtà spero che i ragazzi ai quali è anche rivolto, si sentano dei destinatari con un compito veramente arduo ma importantissimo. Essere in grado di costruire il futuro. Un futuro diverso di “Quando le foglie scadono…”
Ne dovremo per forza riparlare.
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