domenica 11 settembre 2016

Cameriere? Una pizza, ma so già che non la mangerò


Una sera di questa tiepida estate, vado a mangiare una pizza e come al solito osservo sempre con attenzione ciò che mi circonda. 
Dopo poco che insieme al mio accompagnatore avevamo preso posto, al tavolo accanto al nostro si siede una famigliola composta da tre adulti e due bambini. 

Noi nel frattempo avevamo ordinato le nostre invitanti pizze che avremmo mangiato con gusto e più o meno contemporaneamente erano state servite le pietanze anche dei nostri vicini, inaspettati protagonisti di questo post.

Non è mia intenzione ammorbare con una telecronaca, piatto dopo piatto, perché non è tanto importante descrivere cosa è stato mangiato, quanto piuttosto soffermarsi sulle quantità di cibo rimandate indietro quasi intonse.

E per finire, come ciliegina su una torta non consumata, un’ordinazione lampo prima di andare a pagare il conto: una birra sorseggiata una sola volta, in fretta per saldare quanto non mangiato. 

Peccato però che il conto del danno ambientale non viene considerato e la famigliola può andare tranquillamente a fare danni da qualche altra parte, chissà per quanti anni ancora considerando la giovane età dei bambini che ne facevano parte.

Se solo si considerasse quanta materia ed energia è necessaria per produrre il cibo a nostra disposizione, il quale non nasce direttamente nei campi ma per arrivare servito nel piatto segue un percorso di lavorazioni e raffinazioni. 

Questo vuol dire che quando lo ritroviamo bello e confezionato sotto il naso, ha prodotto un impatto sull’ambiente più o meno significativo, a causa dell’utilizzo di acqua, emissioni di gas ad effetto serra delle varie industrie coinvolte, inquinante anche solo per il suo trasporto su strada. 

Non possiamo permetterci di vivere a nostro piacimento, noncuranti dei riflessi delle nostre azioni. 
Ed è nostro dovere insegnarlo anche alle generazioni future, perché sono loro che pagano il prezzo più alto dell’indifferenza odierna sulla questione ambientale.

L’impatto sull’ecosistema di quella famiglia è stato molto alto e moltiplicarlo per tutti coloro che sprecano cibo con tale leggerezza, significa un danno di non poco conto. 

Ho però dimenticato di dire che la famigliola è andata via su un fuoristrada fiammante ed ingombrante, il che ha fatto salire drammaticamente il conto dell’impatto ambientale.

Alla fine questi danni non li pagherà nessuno, o meglio li paghiamo tutti: andando incontro ad una sempre più concreta scarsità di risorse, dovuta al progressivo incremento demografico, respirando un’aria di qualità peggiore, il che comporta problemi di salute anche gravi, imprevedibili futuri scenari dovuti ai cambiamenti climatici. 

Se qualcuno in questo momento sta pensando che si tratta del solito allarmismo ingiustificato, rispondo che questa, in genere, è la scusa che usano quelli che vogliono continuare a fregarsene, per non dover attuare cambiamenti sul proprio stile di vita. Più comodo ovvio.

Io invece voglio fare una previsione, secondo me tutti quelli che oggi fingono per non agire, un giorno saranno gli emarginati della società, coloro che verrano visti come gli untori ai tempi della peste. 

Quelli che dovranno rimanere sulla Terra in caso di imminente disastro, perché sull’astronave per gli umani da salvare, ci sarà posto solo per scienziati seri e persone in grado di garantire generazioni evolute. 

A chi, leggendo queste righe deciderà di ignorarne il contenuto, etichettandole come il frutto di una fervida fantasia o un noioso richiamo all’ordine di una blogger senza fama, voglio ricordare una massima di Karl Marx:

“Non è la coscienza degli uomini che determina la loro vita, ma le condizioni della loro vita che ne determinano la coscienza”.

Alla fine, per forza di cose, si sarà costretti a cambiare, ma a quel punto lo scenario non sarà più lo stesso. 

E potrebbe essere più simile all’inferno.


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