domenica 31 luglio 2016

La donna dai mille volti


Ero intenta a scrivere questo post per parlare di una donna, ma un evento improvviso mi ha fatto cambiare idea ed ora eccomi a parlare di un altro personaggio, sempre di una lei si tratta. La prima donna della quale avrei voluto parlare è la candidata alla Casa Bianca, Hillary Clinton, quella che invece ha fatto velocemente virare il mio pensiero, portandomi a decidere di dedicarle queste righe è Anna Marchesini. 

Lo faccio il giorno dopo la sua morte solo perché il mio blog è nato da poco e sia la sua breve vita sia il poco tempo a disposizione non mi hanno permesso di dedicarle il ringraziamento che le avrei sempre dovuto per i momenti divertenti che mi ha fatto vivere.

Lei, donna poliedrica ed elegantemente ironica, ha dato vita a molti personaggi che, come aveva affermato in un’intervista, sono tratti dalla realtà, resi concreti da un’attenta osservazione di ciò che ci circonda. In fondo in ognuno di noi ci sono aspetti di queste personalità, più o meno marcati, ed è l’artista, sia esso un comico o uno scrittore, ad enfatizzarli per farne oggetto di risate.

La sua ironia, fine, a tratti pungente, è espressione di un’intelligenza vivace e profonda che la rende maestra nell’uso dell’espressività e della gestualità che sapientemente prendono il posto delle parole, quando queste potrebbero risultare eccessive. Era in grado di plasmare il suo volto, caratterizzando in maniera brillante questo o quell’altro soggetto, anche a rischio di diminuire la sua bellezza e questo la rendeva un’artista seria e al servizio del pubblico, come poche.

Ha continuato a servirlo anche quando la malattia le ha deformato le ossa, indebolito la salute, cambiato i tratti somatici, ma mai la sua volontà di continuare ad essere artista totale, attrice, autrice, scrittrice, regista.

Ci ha fatto ridere e non solo, ci insegna a ridere di noi stessi, come lei ha fatto di sé, attraverso i suoi personaggi: “ mi pare afferrato il concetto che sono proprio una bella figheira..” quando la fidanzata di Don Rodrigo fa capire quanto sia consapevole della sua avvenenza, nella serie televisiva dedicata ai Promessi Sposi. 
Insomma a non prendersi troppo sul serio, in ogni ambito della vita, soprattutto quelli in cui ci si dedica con passione, come ha fatto lei con il teatro. 

Esilarante la sua ironia sul teatro classico, quello con la t maiuscola, quello importante, in cui gli attori sono tragici sin dalla prima prova di lettura.
“…e dolore… e morte… e lacrime… e paura… e silenzio… e strage…e lutto… e angoscia…e  ansia… e che palle sto spettacolo!”
“…quelle attrici che il teatro è la mia vita, prendo un cappuccino… e mentre lo chiedo già sto facendo Chekov!”

Nella sua ultima intervista a Che Tempo che fa, parla con leggerezza della morte: “…la vita e la morte vanno a braccetto” e racconta della madre che vestiva i morti, soprattutto persone sole che si erano affidate a lei per essere vestite nel momento in cui sarebbero passate ad altra esistenza e di come lei ci parlasse raccogliendo le loro impressioni sugli abiti indossati.

Ed è proprio nel mezzo di un funerale che insieme a Massimo Lopez e Tullio Solenghi ridicolizza i luoghi comuni più gettonati, mostrando la superficialità del pensiero e dell’informazione tipica della nostra società: “…non c’è più la mezza stagione…si passa dal freddo, freddo,freddo al caldo, caldo, caldo, non sai mai che cosa mettere…guardi secondo me è colpa del buco dell’ozono…ma di tutti quei missili che mandano per aria…l’ombrello spaziale…da quando hanno fatto l’ombrello spaziale non piove più! …è vero! ...si stava meglio quando si stava peggio…

L’insegnamento più grande ce lo dà quando si presenta con i segni della malattia, ad aggredire la vita, con grinta ed ottimismo, regalandoci un altro aspetto della sua poliedricità: la scrittura.
In un intervista in cui presenta il suo libro “Moscerine” parla del suo raccontare anche vicende che non ha vissuto ma che nascono da una profonda curiosità e attrazione per la storia delle persone. 
Anche qui un insegnamento a non fermarsi alla superficie di ciò che vediamo e che giudichiamo con troppa fretta. 

“…sono innamorata della vita delle persone…quando si dice ma perché quello fa così, perché potrebbe fare così..nei miei libri c’è la caldissima spiegazione del perché una persona fa in quel modo, non mi interessa come fa, se fa bene o se fa male, mi interessa andare dentro al come ci è arrivato.”






domenica 17 luglio 2016

Soldi per migliorare? No grazie Europa


Ne avevo già parlato in merito ad un altro problema, quello della mancanza dei depuratori in molte regioni italiane che rende il mare una latrina, ben lungi da essere acque incantevoli dove potersi rinfrescare in totale relax. Devo riparlarne oggi che voglio fare una riflessione sulla tristissima vicenda dello scontro tra due treni sulla linea ferroviaria tra Corato e Bari. 

Mi riferisco ai soldi che l’Europa stanzia per la risoluzione di alcuni nostri, gravissimi problemi, giusto per non farci regredire ancora più indietro di un cupo Medioevo, e che noi puntualmente rimandiamo al mittente. Nel caso del tratto ferroviario incriminato, retrogrado e pericoloso, addirittura ci permettiamo il lusso di procrastinarne l’uso tanto che la Procura ha aperto un filone d’indagine per “… lo spostamento da un periodo di finanziamento (2007-2013) a quello successivo (2014-2020) dei fondi Ue per l'ammodernamento della tratta ferroviaria coinvolta nell'incidente.” (fonte Ansa)

Lentezza burocratica, inefficienza, negligenza, nel migliore dei casi; malaffare, ladrocinio, e tutto ciò che di più immorale il possesso del denaro può scatenare in un animo corruttibile senza troppa insistenza, in quello peggiore.
Ho assistito piuttosto sconcertata al balletto di congetture sul probabile colpevole dell’errore, umano in quanto in quel tratto il sistema non è supportato da un sistema automatizzato. Una persona da esporre alla pubblica lapidazione, un uomo da condannare, almeno da poter appagare quel generale senso di giustizia terrena che prevede la caccia e la successiva cattura del reo peccatore, il resto del lavoro lo dovrebbe fare il buon Dio. 

Purtroppo però si tratta di una persona già condannata che se non ha pagato con la sua stessa vita, di certo avrà guadagnato un’esistenza flagellata dai sensi di colpa e dal rimorso. 
E dopo aver trovato il responsabile dell’errore, in una logica scala di attribuzione di colpevolezza ci dovrebbero essere loro: gli amministratori della cosa pubblica, coloro che quei soldi non li hanno utilizzati. E qualcuno con l’umore giusto per giocare direbbe “fuocherello”, in fondo se l’occasione di quell’aiuto europeo fosse stata prontamente sfruttata, di certo il post odierno sarebbe dedicato ad un altro argomento.

Però non ci siamo ancora, il centro della questione non è il politico o l’amministratore di turno, loro sono solo lo specchio della società, quindi di tutte quelle persone che la costituiscono. Anzi a dirla meglio il sistema che tutti, nessuno escluso, contribuiscono a mettere in piedi. E allora sì che quando si chiama in causa la società nella sua interezza, si può gridare “fuoco!”

Lo specchio ci rimanda infatti una brutta, bruttissima immagine, di una collettività poco incline al rispetto delle regole, dove ognuno nel proprio piccolo, si ricava una spazio in cui far fiorire il privato interesse, a discapito del prossimo. 

Il male si infiltra sempre dove trova terreno fertile, dove può far scorrere le lunghe, insidiose radici, lì dove non incontra resistenza o questa è così debole che non fatica a procedere. Insistente ed incessante, neanche troppo lentamente, ed ecco che nel giro di qualche tempo, il campo è infestato e non vi è altro rimedio che sradicare fin nel profondo quelle radici che sono diventate enormi tentacoli. È necessario se non indispensabile uno sconvolgente cambiamento culturale, ma la società deve volerlo. Non mi pare che ci sia questa volontà, comunque è molto, troppo debole.

Percorrevo l’altro giorno un sottopassaggio di una stazione, dove qualcuno ha disegnato stupendi murales, rendendo quel posto decisamente meno lugubre e tra tanti disegni è stata scolpita una frase sul muro che mi sembra piuttosto calzante, colui che l’ha pronunciata è Martin Luther King:

“Può darsi non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla.”

domenica 3 luglio 2016

Il Brexit e un passo indietro dalla Federazione dei pianeti uniti


La Gran Bretagna ha scelto di essere fuori dall’Europa ed è realtà di oggi. La Federazione dei pianeti uniti è il governo interstellare che unisce gli umani ed altri popoli simili in un’unica istituzione. Siamo nell’anno 2373 e la realtà è quella della finzione cinematografica della serie televisiva Star Trek, scaturita da una brillante idea del suo lungimirante sceneggiatore. Semplice utopia, ideale di un mondo irrealizzabile o inevitabile finale di una storia del pianeta ancora tutta da scrivere?

La cosa certa è che attualmente un paese, l’Inghilterra, ha scelto di tirarsi fuori dalla vasta regione chiamata Europa che, almeno geograficamente continuerà ad inglobarla. 
In genere coloro che sostengono una scelta di questo tipo non hanno una visione globale del pianeta, ma tendono a focalizzarsi sul territorio di appartenenza, vedendolo costantemente sotto minaccia di invasioni straniere o economicamente danneggiato dagli inevitabili vincoli dettati dall’essere parte di una grande comunità. 

A quel punto per convincere anche le altre menti che allontanarsi è la scelta giusta, fanno leva sui sentimenti di paura, orgoglio e protezione delle generazioni future da queste terribili minacce.
Se si pensa al luogo in cui si vive come una terra blindata dai confini invalicabili è normale vedere ogni possibile interferenza esterna come un’insopportabile intrusione, ma se ci si considera abitanti di una piccola parte dell’immensa distesa di terra che è il pianeta che occupiamo, allora il punto di vista cambia e non di poco. 

Sono molte le minacce che l’intero globo deve fronteggiare nel suo immediato futuro: l’odio crescente per le differenti appartenenze religiose e quello ancestrale per le diverse etnie, senza dimenticare il rischio sempre più concreto di una rottura definitiva dell’equilibrio dell’ecosistema che metterà in pericolo l’esistenza della razza umana nella sua interezza.

Il concetto banale è quello che vede nell’unione la forza, lo avevano ben compreso gli antichi Romani che per governare i vari stati utilizzavano il motto “divide et impera” ossia dividi e comanda in modo da evitare che i singoli popoli si coalizzassero da risultare poi vincenti contro il potere di Roma. 

Se davvero si desidera un futuro sereno e di prosperità per sé e per le generazioni che verranno è importante cominciare a ragionare in termini diversi, guardare al di là del proprio naso e dei confini nazionali. Dovremo arrivare a sentirci cittadini del pianeta, perché nonostante i bastoni tra le ruote del progresso, lanciati da coloro che rivendicano le loro appartenenze di qualsivoglia origine, religiosa, etnica, sociale, il cammino dell’evoluzione ci porterà ad un’immensa fusione popolare. Che al pari di quella nucleare sarà sconvolgente, rivoluzionaria e ci lancerà molto, molto avanti nel viaggio verso lo sviluppo della specie, quello ecosostenibile. 

Lo ha compreso chi ha costruito il nostro futuro nella finzione del telefilm Star Trek: la Federazione dei pianeti uniti che unisce i popoli di diversi pianeti oltre la Terra. Tante culture differenti mischiate in un’unica supercultura della logica, della scienza e della tecnologia. 

E quelli che oggi pensano che è conveniente dal punto di vista economico dividersi dal resto dal mondo, dovrebbero riflettere sulle parole del capitano Picard, nobile condottiero dell’astronave Enterprise: 

“L’ economia del futuro è piuttosto diversa: il denaro non esiste nel 24° secolo, l'acquisizione della ricchezza non è più la forza motrice delle nostre vite. Noi lavoriamo per migliorare noi stessi e il resto dell'umanità.”*

*(tratto dalla voce di Wikipedia “Federazione dei pianeti uniti”).