Devo dire la verità: leggere certi dati mi intristisce, subito dopo avermi fatto venire i brividi. Successivamente alla tristezza subentra la riflessione con le conseguenti domande che mi pongo e che non possono trovare, purtroppo, una risposta logica. I dati a cui faccio riferimento sono quelli che riguardano gli scarichi fognari delle regioni italiane, che inquinano i fiumi che poi si gettano nei tanto decantati mari.
Con il loro carico di sostante chimiche non trattate, metalli pesanti e germi patogeni che vanno ad inquinare e per essere più precisi, anche ad infettare il Mar Mediterraneo. Un terzo dell’Italia getta gli scarichi direttamente in mare, senza neanche una di parvenza di pudore, tanto che il report di Goletta Verde registra un 45% di acque costiere con cariche batteriche superiori ai limiti di legge.
Sembrerebbe che una gran parte di italiani utilizzi una fognatura non allacciata ad un depuratore, o, quando questo esiste, non è funzionante; parrebbe che le autorità che dovrebbero controllare tali “anomalie” esistano solo sulla carta; potrebbe essere sconcertante pensare che una gran parte di italiani è rimasta ferma al Medioevo, minimamente raggiunta dal progresso tecnologico. Se fossero solo delle pericolose ipotesi si tratterebbe di un altro Stato ed invece, dal momento che è la realtà, parliamo della vituperata Italia.
E questa nostra ennesima, poco onorevole, “particolarità” ovviamente non è sfuggita alla Corte di Giustizia Europea con conseguenti, pesantissime sanzioni a carico delle singole regioni, con la sola Sicilia che si troverà a sborsare la modica cifra di 185 milioni di euro.
Il paradosso riguarda proprio il flusso di soldi che usciranno per pagare tali “inadempienze”, contro un’ancor più consistente cascata monetaria che sarebbe dovuta entrare nelle casse delle regioni, in termini di fondi sia europei che nazionali, per mettere in atto la depurazione delle acque.
In questo caso però la possibilità di smentire il vizio tipicamente italico di giocare al mago apprendista con i soldi pubblici, non viene colta e i soldi ritornano clamorosamente al mittente.
Le domande suscitate dalla lettura di questi dati sono molteplici. Nel mio caso, la prima riguarda il fatto che sia un giornalista, per quanto di prestigio, a doverci ragguagliare di tale situazione e non lo facciano le persone che amministrano la cosa pubblica.
Già a proposito, in tutto questo parlare mi sono dimenticata di dire quanta parte hanno avuto coloro preposti a spenderli quei soldi, a metterlo quel depuratore, ed in molti casi a farlo funzionare. Mi duole dirlo ma sembrerebbe che tali amministratori abbiano preferito andare a farsi un bagno, ovviamente in mari stranieri, ben lontano dal loro malgoverno, anzi nongoverno. Anche se è solo una mia ipotesi e magari invece di andare al mare, sono rimasti sulla terra ferma, di certo in altre faccende affaccendati.
Comunque la prossima volta che si indirà un referendum che riguarda il mare, sarà opportuno usare i giusti termini. Il referendum sulle trivelle sarebbe diventato il referendum sulle trivelle nel mare di letame e magari l’attenzione si sposterebbe sui problemi seri, perché questo lo è, drammaticamente.
Intanto, appena si presenterà l’occasione di fare un bagno, ovunque mi trovi lungo le italiche costiere, ci rifletterò.
Non si sa mai, giusto per non prendere qualche seria infezione, anche perché ne conoscerei l’origine.
Ed almeno io, ci tengo alla mia salute.
Il politico che ho contribuito ad eleggere, invece, la attenta continuamente.
Nessun commento :
Posta un commento