domenica 8 maggio 2016

L'estremismo... a due passi dalla dittatura


Qualche settimana fa ho pubblicato un post sulla tendenza del mondo della moda a fissare taglie impossibili alle modelle che vedono il loro giro-vita strozzarsi o allargarsi in deroga al più elementare principio di rispetto della persona. Allora ho pensato che l’unico antidoto fosse promuovere uno stile di vita sano e rispettoso dell’ambiente e delle aspettative, ed è stato a questo punto che una mia amica mi ha chiesto se per caso non fossi un’estremista vegana. 

Io ovviamente ho allontanato subito la possibilità di una tale etichetta, chiedendomi subito dopo il perché, anche solo l’idea di apparire come un’estremista mi spaventasse tanto.
Non avevo altra scelta che cercare il termine sul dizionario e la risposta era presto data: colui che segue e propugna idee, tendenze e metodi intransigenti ed estremi, specialmente nella politica. 

E visto che le tendenze ed i metodi dell’estremista sono intransigenti era opportuno cercare il significato anche di quest’altro termine: l’intransigente è quello che non transige, non indulge, non concede. Che è irremovibile nelle proprie idee, nei propri programmi ed è rigido nel farli osservare.
Quindi se è vero che il campo nel quale meglio si possono spendere questi termini può essere quello della politica, la realtà odierna ci insegna che la tendenza alla rigidità mentale è propria di persone comuni, insospettabili travestiti da innocui democratici. 

La mia amica aveva ragione a farmi questa domanda, potrei in effetti sembrare un’integralista del ravanello & C. ed ancora una volta mi trovo a che fare con un termine che non ispira niente di buono ed il dizionario mi dà ragione. Infatti l’integralismo è un esasperato rigore nell'applicare i princìpi di una dottrina nell'ambito sociale, culturale o religioso. 
Anche in questo caso l’apertura al prossimo ed ad eventuali conciliazioni con altre idee è un’utopia e non è certo un passo verso l’evoluzione della specie, obiettivo al quale dovremmo sempre tendere.

Insomma tante facce di un unico modo di vedere la realtà, o bianco o nero, senza sfumature, con un giudice interno, irragionevole ed irremovibile tanto con il prossimo ed ancor di più con sé stessi.
Il dittatore è quindi colui che meglio risponde a questo ritratto monocolore, ma che c’azzecca Hitler o Stalin con il rigido consumatore di fiori e raperonzoli? 

All’apparenza nulla, anche solo se ci si sofferma a pensare a quanta parte hanno avuto questi individui nella storia dell’essere umano, rispetto ad un “innocuo” consumatore di fibra vegetale. Innocuo fino a quando non deciderà anch’egli di imporre le sue idee alla collettività, considerandole le uniche accettabili. 

Il problema nasce quando un illogico pensiero, privo del minimo buonsenso o riscontro scientifico, emerge dalla propria sfera di circuiti neuronali con l’insana ed incontrollabile smania di violare le altrui menti e plasmarle fino a convincerle che la propria teoria è quella vincente. E la storia ci insegna che non è così difficile, se si possiedono le giuste caratteristiche di personalità. 

Ecco che allora il rigido vegano è un estremista per di più dittatore se impone la propria dottrina al figlio in crescita portandolo ad uno stato di carenza di nutrienti o il rigido boicottatore di vaccini comincia una campagna di denigrazione priva di un riscontro scientifico che avalli la sua teoria, provocando però gravi danni alla comunità intera.

L’antidoto migliore è quello di portare ogni individuo a ragionare autonomamente, attraverso l’uso di generose dosi di buonsenso, in modo da essere poco o per nulla influenzabile da bizzarre o ancor peggio folli idee. Ed ecco che il dittatore in erba verrebbe privato del suo primario nutrimento. Le altrui menti da modellare a proprio gusto.

Non mi sembra compito banale, ma bisogna approfondirlo. Come al solito in un prossimo spazio concessomi dalla rete.


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