domenica 6 marzo 2016

Un oceano di plastica... di baci


Quando ero piccola e già in grado di scrivere frasi di senso compiuto, l’avvento dell’estate era motivo di gioia anche per il fatto che potevo iniziare a sperimentare la nuova capacità acquisita. Scrivere cartoline mi faceva sentire più grande e adoravo inventarmi frasi accattivanti per divertire il lontano destinatario, ed ancor di più immaginarne la reazione. 
Ma la cosa sulla quale i miei neuroni si dilettavano grandemente era il momento dei saluti; inventare ogni volta una frase diversa non era affatto facile vista l’ancor esigua conoscenza di vocaboli. 

Il termine che tra tutti preferivo era “oceano” perché evocava immagini di enormi distese d’acqua cristallina e accostarlo alla parola bacio mi suonava come una manifestazione d’affetto che non avrebbe lasciato indifferenti i destinatari. 
Se volessi usare oggi “un oceano di baci” su una cartolina spedita proprio da un’incantevole località marina, dovrei scrivere “un oceano di plastica di baci”.

Intere isole di plastica galleggiano negli oceani e sono diventate tali a causa delle correnti marine che hanno unito i vari pezzi tra di loro. Ne sono stati stimati circa 236000 tonnellate e la cosa più grave è che la maggior parte di essi sono molto piccoli, la giusta grandezza per essere ingeriti dalla fauna acquatica e finire nella catena alimentare. Beh se qualcuno pensava che il nostro stile di vita non ci tornasse indietro come un boomerang, si sbagliava di grosso. Il prezzo da pagare è alto e se oggi non ci sembra così è solo perché la natura ha tempi di metabolizzazione lunghi e, a differenza nostra, ci dà il tempo di correggere il tiro. 

Ma non sarà una possibilità aperta per sempre, prima o poi dovremo pagare il conto e potrebbe essere molto salato. 
Mi aveva confortato un articolo che ho letto recentemente in cui veniva descritto lo studio di un team di ricercatori che stanno cercando di comprendere le modalità secondo cui alcune larve siano in grado di degradare certi tipi di plastica, il polistirene in particolare. Anche perché la plastica non è tutta uguale, ma una volta identificati i polimeri in grado di essere metabolizzati, si potrebbe spingere la produzione mondiale verso quella tipologia.

Prima che, ancora una volta, sia la scienza a salvarci, dovremmo cercare di mettere in atto comportamenti virtuosi.  In primo luogo, non dovremmo gettare rifiuti in giro, il passo dalla terra ferma all’acqua può essere veramente breve, ma dirottarli verso la loro trasformazione in altri oggetti. Se riciclarli nella loro interezza non è possibile, farlo in una buona percentuale è un ottimo risultato. 

Ed infine, anche se a mio avviso è la cosa più fruttuosa per noi e per l’ambiente, diventare consumatori morigerati. Mangiare poco, comprare in giusta misura, non eccedere e, visto che di plastica parliamo, bere acqua del rubinetto può essere un’ottima abitudine. Quanta plastica si disperde con una sola bottiglia? Pensate per il consumo in un’intera famiglia, e se non piace il sapore liscio magari mescolarla con quella frizzante; io faccio così e la riduzione dei rifiuti è considerevole. 

Non ci farà piacere sapere che il Mediterraneo ha la maggior concentrazione di microplastica. Forse ce ne dovremmo ricordare la prossima volta che ci troveremo a villeggiare in una località marina nostrana, soprattutto al momento in cui lasciamo la spiaggia. 

Sarebbe il caso di ricordarsi di raccogliere i rifiuti prodotti, più che altro perché i bambini di oggi non saranno adulti così fortunati da poter ammirare tali bellezze, a causa delle nostre negligenze. 
E noi teniamo al loro futuro, vero?





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