Quotidiane notizie di efferati omicidi, interminabili torture e crimini caratterizzati da una ingiustificata crudeltà ci pongono interrogativi sulla natura umana dell’essere. Un mammifero dotato di uno sviluppo straordinario del cervello, delle facoltà psichiche e dell’intelligenza nonché di un linguaggio simbolico articolato, questo è l’uomo in base alla definizione che ne dà il dizionario.
Ma non è ciò che pensiamo quando leggiamo di una quindicenne stuprata e bruciata viva in India o di un ragazzo ucciso lentamente per il solo piacere di provocarne la morte con sofferenza. E questi sono solo fatti accaduti in questi giorni, ma la storia trabocca di atti pregni di malvagità che fanno dubitare non poco dello sviluppo straordinario del cervello che dovrebbe distinguerci da altre specie.
Il fatto che chi li compie sia anche in grado di trascinare folle oceaniche verso i propri folli principi fa sorgere ancora più interrogativi sulle facoltà psichiche e l’intelligenza di cui dovrebbe essere dotato un uomo.
Forse è il caso di cominciare a domandarsi cosa c’è di sbagliato nella società messa in piedi dalla nostra specie, cosa rende insignificante il valore di una vita umana. Perché provocare sofferenza diventa un piacere, uno sfogo o, peggio, la premeditazione di un’intera esistenza.
Quando accadono questi terribili avvenimenti, una comunità nel suo intero deve cominciare a riflettere. Dove è l’errore, dove l’anomalia da riparare, l’essere davanti allo specchio se lo chiede e spera di non dover mai fare i conti con la sua disumanità.
Cosa sono io?
Ero convinto di essere un uomo,
sentivo di essere invincibile,
credevo fermamente in ciò che facevo.
Questa notte ho cominciato a sentire le urla,
interminabili, strazianti, di chi credevo di aver eliminato per sempre.
Ed ora ho un solo desiderio,
che non tornino più nella mia mente,
che non si sommino ad altre urla,
che non debba iniziare anche io a provare dolore.
Se tutto il male dovesse tornare al mittente,
non potrei sopportarlo, scomparirei anch’io.
Se morissi, non vorrei rinascere uomo,
vorrei diventare un oggetto che si può riparare,
perché oggi so che qualcosa non ha funzionato.
Anche se non provo niente,
anche se le urla mi infastidiscono, ma non mi commuovono,
credo che avrei dovuto diventare un’altra cosa.
Magari un pezzo di metallo, un insieme di circuiti,
un programma che se non funziona si aggiusta.
Un robot senza cuore è sempre meglio di un uomo creato per amare,
io non so cosa voglia dire provare amore,
mi hanno detto che sarebbe giusto così,
io però non lo sento nel profondo,
quindi il mio danno è grave, irreparabile.
Se dovessi rinascere metallo parlante,
datemi un cuore, fatemi provare pietà,
dotatemi di compassione,
concedetemi la sublime virtù che ci rende unici,
così che neanche il sapore del metallo potrà nascondere,
quello inconfondibile ed intenso dell’essere umano.
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