Lo devo ammettere senza giri di parole: non sono pronta a vivere in un mondo senza banane. Hanno caratterizzato la mia esistenza da quando le ho scoperte molti anni fa e quella delle popolazioni della Terra da settemila anni o più. La loro origine si perde tanto lontano nel tempo, nel Sud Est asiatico, con sembianze e gusto completamente diversi.
Rappresentano un frutto di eccezionali qualità nutritive, ottimo come sostituto di un pasto, tanto che per molti umani costituisce parte fondamentale del loro nutrimento giornaliero.
Un fungo parassita ne sta seriamente minacciando l’esistenza e quando si espanderà sino al Centro e Sud America dove si concentra la maggior parte della produzione mondiale, allora inizieremo ad accorgercene anche noi in Occidente.
Come già accennato, la banana, inteso come frutto selvatico, aveva, in origine, un aspetto dissimile da quello che tutti conosciamo.
Il loro interno, ricco di semi, non le avrebbe rese il frutto famoso che è oggi ma, al contrario, ha spinto l’uomo a selezionare in laboratorio una specie con caratteristiche completamente differenti.
Polpa morbida e priva di semi, forma allungata e corpo robusto, gusto dolce, è tutto ciò che il mercato mondiale richiede e quindi, dalla pianta madre si continuano ad effettuare trapianti che creano eserciti di cloni.
L’assenza di semi rende queste piante molto allettanti, ma incapaci di riprodursi in maniera autonoma, destinate alla morte in assenza di replicazione da parte dell’uomo.
Piante geneticamente identiche che sfuggono alle leggi casuali della natura, in grado di soddisfare una domanda particolarmente esigente. Di certo un bel frutto, ma non abbastanza forte.
Di sicuro non resistente di fronte agli aggressivi attacchi di funghi parassiti che sono riusciti a distruggere la prima generazione di banane-cloni: le Gros Michel o Big Mike, le quali dicono essere diverse da quelle che conosciamo oggi.
La malattia di Panama le soppiantò quasi completamente, forse ne esiste ancora qualche piantagione in giro per il mondo, e fece nascere una nuova generazione di cloni: le Cavendish, quelle che conosciamo attualmente, più forti delle Big Mike, ma non abbastanza.
La storia purtroppo si ripete ed un altro fungo le sta seriamente minacciando. La necessità di coltivare piante tutte uguali, dovuta sia alla loro sterilità che alle esigenze del mercato mondiale, produce esemplari deboli, incapaci di prevalere su funghi che evolvono continuamente.
Io sono disposta a vederne modificata l’apparenza, pur di non vederla sparire per sempre.
Gustoso snack o oggetto di maliziose battute, è costantemente presente nelle nostre vite. Ma per quei popoli che se ne cibano quotidianamente rappresenta qualcosa di ancor più vitale. In India e Nepal ne fanno addirittura dono alla divinità per sostenere la vita sul pianeta o come auspicio di accoglimento dei desideri dei credenti.
Speriamo che la scienza venga in soccorso anche della religione.
Link alla notizia: "Perché rischiamo di perdere le banane (di nuovo)"
Link alla photogallery del National Geographic
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