sabato 17 ottobre 2015

Little Miss Sunshine

Il testo contiene spoiler


Mi farebbe piacere che anche voi passaste due ore di spensierata allegria come è stato per me quando ho visto il film che dà il titolo al post. L’ho scovato grazie alla segnalazione su un gruppo, definito molto divertente. Io aggiungerei anche intenso, anche se a tratti fin troppo stravagante, quasi grottesco. Il titolo di Little Miss Sunshine è ciò a cui la piccola, simpaticissima Olive aspira, motivata dal nonno eroinomane, appena ripudiato da una casa di cura. 

Il film è la storia di un viaggio affrontato da tutta la famiglia allo scopo di ottenere questo titolo. Un viaggio incerto, traballante come le vite dei protagonisti sul Westfalia che li trasporta, dove tutto sembra precipitare da un momento all’altro. Ma resiste, al di là di ogni previsione, e sembra anzi annunciare a gran voce che l’unione fa la forza e la tenacia col supporto dell’affetto alla fine ha la meglio. La spontaneità e l’essere sé stessi alla fine paga, anche se non fa vincere. 

La scena in cui la bimba si esibisce in un balletto, studiato dal nonno ci dice proprio questo. In un mondo costruito sulle apparenze, il viso sincero e spaesato della bimba un po’ troppo in carne per affrontare un concorso di Barbie in miniatura, quasi commuove. Tutto intorno sembra di plastica, ma il suo viso paffutello, gli occhiali e la sua disarmante spontaneità, fa traballare quel finto castello di promesse ed illusioni, rafforzando i sentimenti che tengono uniti i componenti della sgangherata famiglia. 

Bellissimo il dialogo tra il professore fresco di tentato suicidio e il nipote in piena inquietudine esistenziale. Il ragazzo gli confida che a volte vorrebbe dormire e svegliarsi a 18 anni e dimenticare il liceo e tutto il resto. Insomma tutto ciò che gli provoca sofferenza. 
Il professore gli risponde: 

“Conosci Marcel Proust? Scrittore francese, un perdente assoluto. Mai fatto un lavoro vero, amori non corrisposti, gay. Passa vent’ anni a scrivere un libro che quasi nessuno legge, ma è forse il più grande scrittore dopo Shakespeare. Arrivato alla fine della sua vita si guarda indietro e conclude che tutti gli anni in cui ha sofferto erano gli anni migliori perché lo hanno reso ciò che era. Gli anni in cui è stato felice, tutti sprecati, non gli hanno insegnato niente. Perciò se vuoi dormire fino a 18 anni pensa alle sofferenze che ti perdi. Il liceo dici? Quegli anni sono il fior fiore delle sofferenze. Non ci sono sofferenze migliori!” 

Il ragazzo sorride e manda a quel paese i concorsi di bellezza. “D’altronde la vita è tutto un fottuto concorso di bellezza dopo l’altro: il liceo, l’Università, poi il lavoro… Decide quindi di impegnarsi per arrivare a ciò che più desidera, anche se la strada per lui è tortuosa. 

“Fai la cosa che ami e a quel paese il resto…”

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