domenica 27 settembre 2015

L'inventario delle cose belle


Come promesso annoto qualche riflessione sui compiti assegnati dal Prof. Catà  per l’estate appena passata. Sono degni di approfondimento proprio perché non riguardano materie scolastiche in particolare, ma più semplicemente il vivere. Suggerimenti su come affrontare la vita, beneficiando di tutte le cose belle che abbiamo a disposizione. Cose semplici che ci aiutano a raggiungere una dimensione più umana, che perdiamo di vista per inseguire gioie effimere, beni materiali che promettono felicità illusorie. 

“Al mattino, qualche volta, andate a camminare sulla riva del mare in totale solitudine: guardate come vi si riflette il sole e, pensando alle cose che più amate nella vita, sentitevi felici.”

Il 1° compito assegnato recita proprio così e non potrebbe esserci persona più felice di me nell’accogliere pienamente un suggerimento così allettante. Già nelle mie precedenti riflessioni ho sottolineato l’importanza di vivere appieno la natura. Stare in sua contemplazione ci riporta in una dimensione lontana dalla vita frenetica e superficiale. 

Ci spogliamo della nostra veste quotidiana e restiamo in ascolto del silenzio o di quanto la natura ha da offrirci in quel preciso momento: un cinguettio, l’infrangersi delle onde sulla battigia o il fruscio delle foglie mosse dal vento.
Troppo poco per renderci felici? Secondo me abbastanza per focalizzare la mente su pensieri positivi, sulle piccole cose che scaldano il cuore. 

Ognuno di noi ha qualcosa di cui gioire, ce ne dobbiamo convincere. Magari quel qualcosa con gli anni ha perso valore ai nostri occhi e allora perché non sfruttiamo il momento magico per fare di nuovo l’inventario delle cose belle della nostra vita? Sepolte dalla polvere, improvvisamente riacquisteranno valore e ci sentiremo gioiosi di essere in grado di apprezzarle, proprio come auspicava il Prof.  

Il sole caldo e avvolgente del mattino farà il resto. 

venerdì 18 settembre 2015

Unite verso il sud


Non posso proprio farne a meno. Ammirare lo spettacolo della natura a settembre, quando vira verso un’altra stagione che comporta decisi cambiamenti. Noi li percepiamo come scocciature o fastidiosi disagi, ma se ci fermassimo ad osservare attentamente, potremmo diventare spettatori estasiati di un’esibizione incredibilmente intrigante, crudele anche, violenta per certi versi, ma di certo irresistibilmente incantevole.

Questi giorni, passeggiando sulla spiaggia, ho potuto vivere da vicino quest’irruenza ed è stato un turbinio di emozioni. Non si poteva quasi camminare per la potenza del vento ed il mare era in tempesta, da lontano si vedeva sia la sabbia che svolazzava lungo la battigia che la spuma del mare che, dispersa nell’aria, creava una cortina che rendeva quasi impossibile distinguere oggetti lontani.

La natura può essere violenta, ma questa brutalità segue delle regole ed arriva come logica conseguenza di qualche altro evento.
Mi sono seduta di fronte al mare in subbuglio e mi sentivo intimorita da tanta forza e provavo al tempo stesso assoluta riverenza per ciò che tanti definirebbero come una manifestazione del potere divino.

Oggi, di prima mattina, il vento è stato clemente placando la sua intensità, ed alzando lo sguardo verso il cielo, la natura ci ha regalato un’altra meraviglia. Gruppi di rondini volavano verso una medesima direzione: il sud. Alla ricerca di caldo, segno che qui la stagione sta cambiando. Come accade da sempre, ma come può non stupire uno spettacolo così bello? Che si ripete, nella sua affascinante, incredibile regolarità. 

E non mi sono stancata neanche un attimo di osservarle: leggere e diligenti, seguivano alla lettera un copione, come se dalla loro precisione ne derivasse la stabilità dell’intero sistema. 

Tra un po’ dovrò ripartire per immergermi nella velocissima realtà che trangugia tutto: pasti rapidi, parole ridondanti e migliaia, milioni d’informazioni. Il mare sarà ancora in tempesta, il vento soffierà violento ed il cielo si riempirà di goccioline salate. 

In attesa che le rondini migrino di nuovo, perché succederà.
Ogni anno, nonostante tutto. 

domenica 6 settembre 2015

È un paese per vecchi


Rimaneggiando il titolo di un famoso film dei fratelli Coen, ottengo l’istantanea di un paese che sta invecchiando sia demograficamente che concettualmente. 
Parlo dell’Italia ovviamente e non sono io a dire che i decessi superano le nascite e l’età media della popolazione continua salire. È l’Istat che attraverso i suoi dati ci fotografa un paese in progressivo invecchiamento e io aggiungo in continuo deterioramento.
Sì perché leggendo il dato secondo cui diminuisce il numero degli immigrati e aumenta quello degli emigrati, mi vien da riflettere che se anche i pochi giovani che popolano questa nazione decidono di andare via, allora la situazione è complessa ed ancor più deprimente di quanto potessi pensare.

La verità è che questo paese langue, nel suo modo di pensare, statico e conservatore. Le idee nuove, giovani e scalpitanti, non vengono sostenute e muoiono ancor prima di esprimere tutto il loro incredibile potenziale. Si spengono quando invece dovrebbero rappresentare il carburante che permette ad un paese di avanzare, procedere rapidamente verso il futuro. Ma qui no, non si scommette, non si osa. Si preferisce percorrere strade già conosciute, sentieri usurati dal tempo e certo, maledettamente comodi. Non si sa mai che cambiando qualcosa nell’ordine delle cose, qualcuno ci rimetta e allora meglio continuare nello stesso identico, malsano modo e così facendo ci guadagna bene il singolo e ci perde la collettività, pesantemente. 

E così l’idea giovane, la rivoluzionaria scoperta scientifica o semplicemente un inconsueto modo di pensare, vengono sepolti da una macchina organizzativa, imponente e mal oleata, con passaggi farraginosi, lunghi e costosi. E mi sembra davvero incomprensibile che tutto ciò che per altri paesi costituirebbe una ricchezza da preservare con cura, qui venga considerato un bene da tassare oltre misura.

E un bel giorno accade che il giovane dalle mille idee si senta un incompreso e molli i suoi esaltanti progetti, l’altrettanto giovane ricercatore prossimo ad una scoperta sensazionale decida di far dono di questo tesoro ad un altra ospitale nazione che possa restituirgli la dignità perduta e il coraggioso rivoluzionario del pensiero dopo ore di attese per costosi dazi, arrivi alla conclusione che non è in grado di cambiare un sistema che rema contro di lui in ogni modo possibile e con smisurata forza. 

Oggi non è proprio il giorno giusto per innovare e rimanda a domani ogni buon proposito.
Intanto la macchina procede, lenta, costosa e vecchia, sempre più vecchia.