domenica 21 gennaio 2018

Una femmina si lamenta di qualcosa, una donna cerca di cambiarlo


A volte la differenza tra un termine ed un altro che sembra essere il suo simile, non è poi così sottile e nasconde due mondi inavvicinabili. 
Me ne sono resa conto quando ho sentito una persona che conosco fare delle precisazioni al momento dell’utilizzo della parola donna piuttosto che femmina.

La mia curiosità mi ha portato ad approfondire il perché di questa puntualizzazione, il che ha dato luogo ad una conversazione tra il serio e l’ironico.

In base a quanto affermava il mio interlocutore ci sono differenze non di poco conto tra i due termini e a quanto pare tra due modi di affrontare il prossimo e la vita, essenzialmente diversi.

La femmina parla eccessivamente e a voce alta, principalmente per criticare o formulare giudizi su situazioni o altre persone, diffonde notizie che appartengono alla sfera privata di altri, dà molta importanza alla sua immagine fino a spendere molto del suo tempo per curarla o migliorarla, così come considera fondamentali aspetti che riguardano l’immagine che si dà agli altri, non ascolta né osserva il contesto che la circonda.

La donna si muove con grazia, il suo tono è calmo e pacato, la voce mai stridula, discreta, possiede un acuto senso di osservazione rispetto alla realtà circostante, educata, emotivamente intelligente, mentalmente aperta al punto da diventare lungimirante, ha le carte in regola per diventare una leader. 

E siamo ad un altro punto fondamentale della questione femmina-donna. Si è lottato per anni e non solo ideologicamente, per riuscire ad aprire un varco nella granitica predominanza maschile nei luoghi del potere. 

Quando la fatidica e agognata posizione viene raggiunta da una rappresentante del gentil sesso, sono soprattutto le sue sottoposte che non ne sono felici, lamentando caratteristiche ben diverse da quelle descritte. Opinioni scambiate in giro lo dicono chiaramente, i sondaggi ufficiali lo confermano.

Vittima di umori altalenanti, parziale nei giudizi, incapace di gestire i conflitti, in continua competizione con persone del suo stesso sesso, sembra poter intessere rapporti più costruttivi solo con colleghi del sesso opposto, ai quali, però, deve sempre dimostrare di essere all’altezza, se rivestono posizioni di potere.

Al di là della piega ironica che aveva preso l’intera conversazione e ben lungi dal categorizzare le persone, la questione che è importante sottolineare riguarda le intrinseche potenzialità della donna, quando emergono possono davvero fare la differenza nel bene e nel male.

Leggevo un articolo che parlava del ruolo delle donne nella criminalità organizzata, dominante e strategico, di fine organizzazione e di particolare efficienza. Insomma a dirla tutta, perlomeno stando alle dichiarazioni dei pentiti pare che gli uomini eseguissero solo quanto “comandato” dalle loro mogli o comunque da coloro che avevano dimostrato un’innegabile superiorità nell’amministrare gli affari di “famiglia”. 

L’articolo intitolava “Quando la mafia è donna”, il mio collega non avrebbe avuto da ridire perché erano sì donne, ma tanta magnificenza è purtroppo al servizio di scopi distruttivi.

Tutto cambia quando una donna si muove per fare ciò che le riesce alla perfezione: sedurre, incantare, ipnotizzare l’attenzione per poi condurre al cambiamento con un’eleganza che neanche i migliori maghi sarebbero in grado di mettere in campo. 

Le donne, di fronte alle quali non riesci a far altro che inchinarti, per la grazia che riescono a sprigionare, il coraggio che disarma, il fascino che posseggono e tu sei lì che osservi incantato le loro mosse o meglio i loro movimenti, verso il futuro, l’evoluzione.

Un esempio su tutte Aung San Suu Kyi che per anni fino ad oggi ha messo in campo una lotta pacifica per condurre il proprio paese, la Birmania, verso la democrazia. Ha fatto e continua ad essere la storia di una parte di mondo.

Vorrei anche citare Julia Hill nota come la ragazza che visse sull’albero. Lo ha fatto per ben due anni allo scopo di salvare una sequoia millenaria che nel lontano 1997 in California rischiava di essere abbattuta. Attirò l’attenzione mondiale sul problema del disboscamento a scopi commerciali, all’epoca ancora poco sentito.

Cosa aggiungere su Rosa Parks? Si rifiutò di cedere il suo posto ad un passeggero bianco, dando il via al movimento dei diritti civili in America. Siamo negli anni ’50.

Il pianeta ha bisogno di loro, di persone che abbiano a cuore ciò che le circonda, di donne che sconvolgano ciò che è già deciso, che facciano cambiare le cattive idee agli uomini. Loro possono.

martedì 2 gennaio 2018

L'immenso potere di un consumatore


Durante i giorni dedicati alle festività natalizie, in particolare ma non solo, si tende ad eccedere nel consumo di beni di qualsiasi tipo, sia materiale che alimentare. Proprio quando ci si lascia andare all’eccesso, ci si dovrebbe fermare a riflettere su quello che possiamo fare nella veste di consumatori. 

In verità moltissimo sia per il pianeta che per cambiare un sistema mondiale basato sullo scambio di beni, merci o servizi ai quali viene attribuito un valore in denaro che è quello che determina l’andamento di tutte le cose, post-rivoluzione industriale. Maggiori quantità di questi vengono scambiate, più banconote verranno prodotte, l’economia mondiale va avanti in base a flussi di denaro che regolano la supremazia di uno Stato sull’altro. 

Su questi immensi patrimoni che si accumulano si basa la forza di alcuni colossi industriali, dietro ai quali non ci sono molte persone che contano, considerando il numero di abitanti mondiale. Questi ultimi però hanno un inconsapevole potere di far andare le cose diversamente da quanto accade oggi. 

Dal momento in cui ci si alza la mattina, ci si mette a tavola per fare colazione (non tutti al momento godono di questo privilegio), ci si reca al lavoro, si consuma un altro pasto, per poi spostarsi in un altro luogo, fino ad arrivare alla sera dove ci aspetta altro cibo che terminerà la sua funzione nel nostro canale digerente, fino al volgere di una giornata che a noi sembra trascorsa come le altre, ma non è esattamente così. 

Ogni volta che abbiamo mangiato del cibo, abbiamo fatto una scelta ben precisa, un alimento piuttosto che un altro fa un’enorme differenza in termini di inquinamento che il produrlo e trasportarlo ha generato. Il luogo dove è stato prodotto e la quantità che compreremo e che alla fine consumeremo è maggiormente rilevante ai fini dell’impatto ambientale e lo è ancor di più il fatto che realmente mangeremo quanto abbiamo acquistato, senza sprecare nulla. 

E qui si va ancora un po’ più indietro nel tempo, al momento in cui ci troviamo dentro al supermercato, pronti a riempire il carrello di ogni possibile leccornia, tanto per soddisfare i sensi o le smanie di chi ci circonda, allettati dalle tante offerte speciali, ma non muniti di un’utilissima lista della spesa e concentrati su quanto veramente necessario. 

La grande industria ha già deciso che dobbiamo alimentarci in un certo modo, comprare determinate quantità, il più delle volte al di sopra dei nostri reali bisogni, ha scelto il gusto e il colore al posto nostro. Noi potremmo anche dissentire, e in effetti quando questo succede come è stato il caso dell’olio di palma, loro fanno un passo indietro e giusto in tempo per evitare di distruggere tutte le foreste di qualche povero paese, orientiamo noi la produzione in altro senso, in questo caso palm oil free. 

Questo accade difficilmente perché se non c’è qualcuno più attento che ci fa aprire gli occhi su un problema reale e non frutto di una paranoia, nessuno si prende la briga di mettere in atto uno spirito critico, fa quello che deve fare ossia silenziosamente consuma, in grosse quantità. 

La mattina mangia, si spera senza gettare via, a pranzo consuma e scarta, a cena consuma e scarta ancora, ancora e di più. Ha comprato troppo al supermercato, ha ordinato smisuratamente al ristorante, si è spostato continuamente con il mezzo privato quando avrebbe potuto più spesso usare il mezzo pubblico. 

Si è reso complice, ancora una volta, di questo sistema divora risorse che non continuerà per sempre, per via del fatto che viaggia a ritmi troppo sostenuti e perché le risorse non sono eterne. Se ognuno di noi mettesse in atto dei cambiamenti nella dieta che assume giornalmente, sarebbe un passo in avanti enorme nel far procedere un diverso modo di coesistere con la natura che ci circonda. 

Ci sono molti approcci in questo senso, chi predilige un cibo piuttosto che un altro, chi lo elimina del tutto e va sempre bene chi si nutre pensando. È proprio questo il punto, bisogna riflettere quando si compiono gesti che possono sembrare banali, a cominciare dagli articoli che si mettono in un carrello. 

Dobbiamo decidere di ridurre le quantità, dovremo riappropriarci dei gusti, dei colori, del rispetto per l’ambiente che molti colossi non hanno dimostrato disboscando senza pietà, ma in realtà hanno seguito solo il nostro volere, quello che abbiamo dimostrato con le preferenze accordate. 

La Terra non è proprietà di nessuno in particolare, ma di tutti quelli che la abitano e si spera di tutti quelli che la abiteranno in futuro. In quale pianeta vogliamo vivere? 

Non sarà un presidente a deciderlo, né tantomeno una multinazionale, saremo sempre di nuovo ancora noi, o per dirla più precisamente deciderà qualcuno che avrà raccolto il volere della maggioranza senza neanche averlo chiesto. 

In realtà lo ha fatto nel momento che ci ha proposto un prodotto, un’idea, un progetto, uno stile di vita. 
Ogni momento è buono per cominciare a decidere diversamente.