domenica 6 agosto 2017

Salvare la natura costa la vita


Leggendo la cifra dell’attuale popolazione mondiale ossia 7,5 miliardi di persone mi sono chiesta se la Terra, già violentata senza pietà, potesse offrire a queste nuove vite, sufficienti risorse per la sopravvivenza. E soprattutto a quelle che verranno in un prossimo, vicinissimo futuro che andranno ad ingrossare questa cifra, visto che l’aumento è esponenziale. 

Non mi sembra passato così tanto tempo da quando lessi che gli occupanti del suolo terrestre erano “solo” 6 miliardi, e già avevo avuto il sospetto che questo pianeta stesse diventando sempre più piccolo. Ma se le risorse disponibili non saranno sufficienti a sfamare così tante bocche, qual è il futuro che ci aspetta?

Gli effetti di uno sfruttamento indiscriminato li stiamo già vedendo, sul clima, sulle porzioni di Terra ancora incontaminata che si stanno riducendo sempre di più fino a sparire. Cosa mangeranno 15 miliardi di persone quando la Terra non avrà più nulla da offrire? 

Diciamo che al momento si pensa a come affrontare il quotidiano e di quel domani non si preoccupa nessuno o quasi. In quel quasi sono compresi tutti coloro che cercano di salvare il salvabile, di evitare che altri alberi vengano abbattuti, che le acque oceaniche vengano depredate, che la purezza venga inquinata, che la deforestazione faccia spazio a terreni da adibire a pascoli. 

Chi legge penserà che forse non si può fare altrimenti visto che tutti devono pur sopravvivere, e lo sfruttamento è necessario affinché nessuno muoia di fame. Purtroppo mi duole dire che le cose non stanno in questi termini, e il sistema mondiale che l’uomo ha messo in piedi è a dir poco aberrante. 

Dietro la distruzione della Terra si celano interessi economici enormi, di persone che sono totalmente indifferenti rispetto alle conseguenze delle proprie azioni. L’unica cosa che conta è l’aumento degli introiti del loro business e se qualcuno si mette in mezzo per ostacolare questo obiettivo diventa un problema da eliminare. 

Sono in aumento i delitti di coloro che si potrebbe definire i “paladini della Terra”, chi pone come obiettivo della propria esistenza la difesa della natura, chi si espone in prima persona per dire no a quello sfruttamento indiscriminato che caccia gli ultimi aborigeni dalle loro terre. Nel 2016 è stata uccisa in Honduras Berta Càceres, attivista ambientale e leader dei movimenti indigeni. 

Si era battuta per frenare lo scempio del territorio da parte delle industrie minerarie e idroelettriche, che avrebbe tolto l’acqua a molti nativi della zona. Un gruppo armato è entrato nella sua abitazione sparandole ripetutamente, la sua morte doveva essere certissima. 

Il suo è un esempio eclatante ma nel 2017 già un centinaio di paladini sono stati ammazzati con motivazioni simili. Ma perché fanno tanta paura da arrivare addirittura alla loro eliminazione fisica? Quali sono gli interessi che si celano dietro queste brutali uccisioni? In Brasile l’industria del legname ha interesse che la foresta venga abbattuta albero dopo albero. 

In Africa l’obiettivo è di riuscire a  strappare l’ultima zanna ricca di avorio o una pelliccia che scaldi le giornate di un ricco, per il suo cuore non c’è più speranza. L’industria mineraria dal canto suo divora oro, cobalto e uranio per soddisfare i molteplici usi di una società consumistica senza freni. Comprare in maniera oculata può davvero salvare qualche vita. 

Quelle dei poveri che per qualche spiccio muoiono intossicati in una miniera e quella dell’attivista ambientale che cerca di conservare la bellezza. Non crediate che il povero veda questi paladini come salvatori, perché in una ben architettata lotta tra miserabili, loro sono quelli che tolgono il pane di bocca agli affamati, che senza quel misero lavoro non vivranno, che senza quelle briciole non possono pensare ad un domani.

In questo disegno perfetto, almeno per chi ci sguazza come zio Paperone, le uccisioni degli scomodi potrebbero essere legalizzate anche nei paesi cosiddetti “civili”. Nella super-avanzata America la costruzione di un oleodotto nel Nord Dakota venne strenuamente osteggiata da un gruppo di paladini che avevano a cuore le riserve indiane al centro dell’interesse economico. 

La protesta di Standing Rock , così denominata, diventò celebre e qualcuno si prese la briga di scrivere una legge che legalizzava l’apertura del fuoco nei loro confronti. Non è passata per poco, sono stati sgombrati da vivi. Almeno per questa volta. 

In Italia stiamo vivendo un’estate infuocata grazie ai vari incendi che devastano paesaggi meravigliosi, non c’è traccia di veri e propri paladini che ostacolino la bramosa ricerca di suolo da cementificare. 
Quando poi addirittura lo Stato mostra indifferenza di fronte a tali scempi, la speranza di sopravvivere è debole.

L’ennesimo anello che si lega agli altri, nel perfetto disegno di creare situazioni in cui il povero ci vede l’illusione di un riscatto dalla propria condizione e magari il ricco passa pure da benefattore. 
Intanto la Terra langue e il divario cresce. Per i dolci sogni di pochi. 




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