Le agognate piogge dei recenti giorni hanno fatto tirare un respiro di sollievo dalla opprimente calura estiva e dai roghi che hanno deturpato zone naturalistiche di inestimabile bellezza. Lungo l’autostrada che mi riportava a casa dopo qualche giorno di ferie osservavo attonita uno scempio del paesaggio che mi circondava.
Rigogliose aree boschive che dopo qualche chilometro lasciavano spazio a scenari post apocalittici caratterizzati da un dominante color carbone. Nero ovunque, sul terreno, sui pochi fusti rimasti, esili e senza vita, triste testimonianza di un’azione scellerata e che quasi sicuramente rimarrà impunita.
Nero anche sulle nostre coscienze, perché ognuno di noi ha un’altissima responsabilità nella salvaguardia della natura, degli animali, di quanto in verità ci permette di respirare. Chi legge probabilmente si sentirà tirato in causa ingiustamente perché penserà che la maggior parte di questi incendi sono legati ad un arricchimento di altri, ad un lucro personale o organizzato.
Tutte ragioni che riguardano solo i singoli individui che decidono di donare l’anima al diavolo il quale in cambio dona a tutti un anticipo di inferno, anche a chi magari sarebbe destinato a ben altri luoghi eterni.
Insomma cosa c’entrano le brave persone con queste barbare uccisioni di animali innocenti e piante donatrici di ossigeno compiute in cambio di vile denaro, opportunità, piantagioni di fusti che tra qualche anno saranno di nuovo pronti per l’ennesimo scenario infernale?
In un contesto dove ogni appartenente alla società si sente fortemente responsabile della sorte di quanto fa parte non solo del proprio giardino ma della comunità intera è un muro molto più difficilmente penetrabile da chi vuole compiere azioni disoneste.
Le cattive intenzioni si materializzano lì dove incontrano complicità e non resistenza, senso di appartenenza e non menefreghismo. Quando buttiamo un mozzicone di sigaretta per terra abbiamo contribuito ad appiccare un incendio anche quando viene gettato su una superficie non infiammabile.
Così come i rifiuti lasciati indiscriminatamente in luoghi non propriamente adibiti al loro smaltimento, ben visibili agli occhi di un potenziale piromane che penserà di essere capitato proprio nel posto giusto, terra di chi non ha coscienza ambientale.
Luogo perfetto per distruggere ciò che non sta nel cuore di nessuno, ma solo negli occhi di chi veste i panni del turista e si bea della vista di un bel panorama, lasciando ad altri l’incombenza della sua integrità.
E cosa ne è di chi dovrebbe trasmettere i valori in grado di cambiare le sorti di un paese intero, educare al rispetto e alla civile convivenza?
Mentre percorrevo quei chilometri di lande desolate e brulle, avevo l’impressione di essere capitata nella terra del non governo. Come figli abbandonati da un padre distratto e poco presente, quei luoghi lasciati al libero arbitrio dei malfattori avevano l’aspetto di indelebili cicatrici che testimoniano l’assenza delle buone coscienze.
Lo Stato, come un buon padre di famiglia, dovrebbe instillare nei suoi figli l’educazione che consiste in regole da rispettare, ma non solo. Il suo è un buon esempio che vale più di tante parole, chi lo rappresenta ha l’obbligo morale prima che istituzionale, di mostrare quanto ci tiene all’immenso patrimonio naturalistico che si trova a gestire.
I figli che siamo tutti noi, abbiamo il dovere di rispettare la natura che ci ospita, attraverso le azioni che compiamo tutti i giorni, giusto per non correre il rischio di diventare complici della cattiva prole.
A quel punto nessuno potrà proclamarsi innocente, ma dovrà semplicemente accettare le brutte conseguenze di vivere nel luogo che ha contribuito a creare. Soprattutto quando ricadranno sulla sua stessa esistenza.